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Lo Bianco e l'Italvolley È nato un Dream Team

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Dopo il mondiale giapponese, conclusosi con un quarto posto al di sotto delle aspettative, il gruppo sembrava subire la scelta, fatta solo un paio di mesi prima, di chiedere alla Federazione di cambiare la guida tecnica. Al mondiale in panchina sedeva Barbolini e non più Bonitta, ma il podio mancato sembrava pesare come un macigno. Poi, come spesso succede nello sport, l'inerzia è cambiata. «Quella del 2006 - racconta il capitano azzurro - non è stata una bella estate. Abbiamo sofferto molto per tutto quello che era successo e, quando abbiamo preparato il mondiale con Barbolini, non c'è stato il tempo per capirci e lavorare nel migliore dei modi. Il torneo era alle porte, il nuovo allenatore non ha avuto modo di operare secondo il suo metodo e noi di recepire al meglio cosa volesse da noi. Quest'anno le cose sono andate in modo diverso. Abbiamo avuto i tempi e i modi giusti per assimilare la sua mentalità e le sue metodologie. Anche il nostro atteggiamento è stato differente. Ci siamo presentate in palestra concentrate e vogliose di non perdere nemmeno un giorno. Siamo riuscite a tenere i ritmi di lavoro molto alti, eravamo determinate a dare il meglio in ogni allenamento». Com'è il rapporto con Barbolini? «Ottimo. Massimo è una persona fantastica. Ha un carattere solare, ma tranquillo e pacato. Uno di quegli allenatori che ti trasmettono grande serenità, con cui è un piacere lavorare». Un'altra novità nel vostro gruppo è stata rappresentata dall'ingresso di Taymaris Aguero. Una campionessa che ha vinto tutto con la sua Cuba e che si è rimessa in discussione con una nuova Nazionale. Come è stato il suo inserimento nella squadra? «Da parte nostra è stata accolta in modo assolutamente normale, come una qualunque ragazza italiana. Si è integrata subito alla grande, ma molto del merito è suo, della sua semplicità e della sua umiltà. Non è arrivata in azzurro con la spocchia di chi ha vinto tutto, ma si è messa subito a disposizione del gruppo. Ha messo in comune con noi la sua tecnica, la sua esperienza, la sua grinta, la sua voglia di vincere. È una giocatrice che ho sempre ammirato, ora l'ammiro ancora di più». Qual è stata l'arma in più dell'Italia? «La determinazione, la voglia di arrivare ad un grande risultato e la crescente consapevolezza delle nostre capacità». E proprio la determinazione dimostrata in partite che sulla carta non presentatavano particolari difficoltà è stata da molti indicata come una delle vostre migliori qualità. Trovare gli stimoli giusti in certe partite può non essere facile. «Prima di tutto nessuna di noi entra in campo pensando di aver già vinto, contro nessuna squadra. E poi, l'esperienza ci ha insegnato che, con la formula delle grandi competizioni, non si può sbagliare mai. Un piccolo errore, un set perso, possono costare cari nell'economia di un torneo. Se si vuole vincere bisogna tenere sempre altissima la concentrazione». Al vostro ritorno in Italia, con la Coppa del mondo appena vinta, avete trovato tanta gente ad accogliervi. Che effetto vi ha fatto? «Certo non è una cosa a cui siamo abituate. Vedere tanta gente e sentire tutti quei cori è stata una bellissima sorpresa. Purtroppo la pallavolo non è ancora apprezzata quanto meriterebbe. Peccato perché è uno sport sano, pulito e di grande coinvolgimento».

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