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L'osservatorio

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In prima linea, come sempre gli accade quando si tratta di affrontare argomenti delicati, è stato Francesco Totti a cavalcare la protesta, nel corso di una cerimonia di premiazione, sottolineando come la Roma sia stata defraudata del primato in classifica da un assistente intento a concedersi quattro passi tra le nuvole. Uno che magari scaricherà la colpa su Del Neri, come se per un guardalinee fosse un obbligo primario scambiare quattro chiacchiere con un allenatore invece di dedicarsi a banalità come l'individuazione di un fuorigioco chilometrico. Nessuna sospensione, neanche a lungo termine come la vicenda impone, servirà a risarcire la Roma, ma almeno altri eviteranno danni pesanti fino al ritorno in campo del signor Maggiani, che prima o poi ci sarà, visto che per mandare a casa qualcuno in via definitiva i vertici arbitrali devono accertare l'omicidio premeditato. Ma naturalmente non soltanto all'Olimpico sono state consumate nefandezze, neanche Pieri ha convinto, i rigori di Bergamo lasciano perplessità, a Livorno ignorata la sfida stile cervi in amore tra Amelia e Bogdani, Tagliavento indisponente. Per non parlare della Serie B, con quel Bergonzi che a Trieste ha evocato fantasmi: non soltanto Moggi, ma anche il fallo di confusione di De Santis a Parma. Però basta fare qualche passo indietro per mettere a fuoco, nelle ultime giornate, tutta una seria di castronerie. Nelle prime giornate della stagione i giovani, chiamati a sostituire le illustri teste cadute con le sentenze di Calciopoli, si erano comportati complessivamente non male, o almeno qualche decisione non condivisibile non aveva richiamato alla mente i sospetti di altri tempi. Ma poi qualcosa si è modificato: quando, presa fiducia, le nuove leve hanno preso a innamorarsi di se stesse e del ruolo appena raggiunto. In molti casi, molti arbitri sono diventati sgradevolmente presuntuosi: attentissimi (come è giusto) ai cartellini per un calcetto alla palla, inesplicabilmente morbidi di fronte a fallacci pericolosi per l'altrui incolumità, ciechi di fronte a quanto avviene nelle aree di rigore sui calci piazzati. Esemplare, su quest'ultimo argomento, la denuncia di De Rossi, dopo le raccomanadazioni di Dondarini nello spogliatoio: attenti, alla prima trattenuta fischio rigore. E il romanista, che aveva appesa alle spalle una piovra di nome Mandelli dalla quale non riusciva a liberarsi, sta ancora domandandosi quanto possa essere attendibile tale professione di intenti. Sorge spontaneo un dubbio: quanto pesa, in questa svolta in negativo, l'annuncio dell'abbandono di Agnolin? Altro inequivocabile segnale di un ritorno alla vecchia scala di poteri.

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