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di GIANFRANCO GIUBILO VENITE tutti a battere le mani, cantava Dario Fo, invitando ...

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Forse è quello che hanno programmato gli sponsor promuovendo un'amichevole ferragostana che più insulsa, più inutile, più meritevole di sonore pernacchie non avrebbe potuto risultare. Ho parlato di sponsor per riguardo a uno staff azzurro che probabilmente avrebbe dovuto, comunque, essere un po' più attento nei confronti di una programmazione indirizzata agli impegni settembrini di qualificazione europea. A meno che nelle menti geniali di chi ha messo in calendario questa amichevole con la Croazia non frullasse a suo tempo un singolare convincimento: cioè che dalla Germania sarebbero rientrati tutti in tempo utile per dedicarsi alle successive occupazioni ufficiali. E invece quei malnati non solo la trasferta tedesca se la godono fino all'ultimo giorno, ma tornano a casa con il quarto titolo mondiale della loro storia: e perfino meritato, lasciando agli sciovinisti d'Oltralpe un rancoroso rodimento, espresso in termini ben poco in linea con una sbandierata «grandeur». Per fortuna, sulle maglie non compariva la quarta stella, lo sponsor tecnico non aveva provveduto in tempo: in modo da sottolineare, bene o male, che quella squadra mandata allo sbaraglio all'Ardenza proprio nulla aveva a che fare con i campioni del mondo in carica. Nelle statistiche, però, comparirà sempre e comunque un significativo Italia-Croazia 0-2 e non, come sarebbe stato logico, un'Italia C-Croazia A 0-2. Buono comunque per la scaramanzia, visti gli esordi non felicissimi di altri tecnici azzurri illustri, da Pozzo a Bearzot, al Marcello Lippi battuto seccamente dall'Islanda. Dai commenti buonisti della Tv di Stato, per altro diretti a un ascolto quasi mai così modesto nella storia della Nazionale, non è emersa una fondamentale domanda: perché questa partita? Avrei ancora giustificato un impiego pieno della Under 21, a sua volta mortificata: almeno si sarebbe potuto affermare di lavorare per il futuro, fornendo utili indicazioni. Ma schierare terze linee che il loro rango saranno costrette a rispettare in tutti i prossimi impegni ufficiali, francamente significa cercare rogna. E puntualmente trovarla, perché non è con i trentenni da sempre lontani dalle ribalte, perfino da quelle di casa nostra, si possa impostare un'operazione di rinnovamento dell'organico imposto dall'anagrafe. In più, sono stati travolti da questa ridicola invenzione anche giocatori che bene o male un certo spazio avrebbero potuto ritagliarselo: da Liverani, direttore di un'orchestra senza uno strumento che si accordasse con gli altri, o magari a un Rocchi che il campionato aveva esaltato, così come il Semioli mandato in campo a luci già spente, oppure Ambrosini che in qualche modo della pattuglia faceva già parte. Dunque iniziativa a livello zero, risultato adeguato: e da queste ceneri ci sarà poco o nulla da ricavare, in prospettiva futura.

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