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Il ct azzurro rilancia la sfida italiana al grande rugby mondiale

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Sul campionato del mondo: obiettivo minimo gli ottavi. Ma prima il Sei Nazioni

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Quando Pierre Berbizier assunse il comando delle operazioni del rugby azzurro disse che il suo obiettivo primario sarebbe stato quello di arrivare ai risultati attraverso la costruzione di una identità di gioco autenticamente «italiana». Chi ricorda le sbiadite esibizioni dell'Italia delle gestioni precedenti può confrontare la scintillante immagine offerta dagli azzurri nell'ultimo Sei Nazioni e capire a cosa si riferiva Berbizier. Grandi elogi, gioco brillante, individualità emergenti,solo un pareggio, ancorché storico, a Cardiff. Ma adesso, quella che sta per iniziare sarà la stagione più importante nella storia del rugby azzurro. Stagione che si concluderà con la Coppa del Mondo a settembre 2007. Almeno 18 incontri aspettano gli azzurri, 18 occasioni per misurarsi con il meglio del rugby mondiale. Per preparare il gruppo al meglio il ct ha predisposto una serie di raduni, il primo dei quali ad Aosta è terminato venerdì scorso. «Abbiamo trascorso una buona settimana di lavoro — racconta Berbizier — I giocatori sanno che per migliorare dovranno garantire un impegno massimale quotidiano per tutto l'anno, con la nazionale e i club. Questo primo raduno ha visto la partecipazione di 38 giocatori, ma il gruppo sotto osservazione arriva a 60. Non è poi così numeroso, se si considera che si tratta di quattro giocatori per ogni ruolo». Su cosa avete lavorato? «Abbiamo lavorato molto sulle basi del gioco, sulla difesa, sulla conquista e sui lanci del gioco offensivo per costruire maggiori opportunità di marcare mete. Il gruppo ha bisogno di inserire i nuovi che devono prendere confidenza con il sistema per potersi integrare al momento opportuno senza traumi per il gioco. Tutti i 60 giocatori devono conoscere il sistema». A proposito dei nuovi, oltre ai ragazzi emersi nel corso del tour estivo, quali altri nomi nuovi stanno emergendo? «Ho avuto il piacere di poter vedere da vicino ragazzi come Stanojevic, Neethling del Parma o Reato, così come ho avuto la possibilità di allenare un elemento importante come Masi, rientrato dall'infortunio al ginocchio». Sono aumentati i giocatori della nazionale che giocheranno in Francia e Inghilterra, segno che il rugby italiano è sempre più apprezzato. Questo costituirà un problema di amalgama per la nazionale? «Voglio vedere l'aspetto positivo della situazione. Giocare fuori significa cambiare sistema di gioco, di allenamento ma anche di vita. Potrebbe essere una grande occasione per i giocatori italiani per accelerare la propria maturazione, poi dovremo essere bravi ad operare una buona sintesi per poter mettere questo patrimonio di esperienza al servizio della squadra». In termini di risultati, cosa si aspetta da questa stagione? «Sono realista. Andiamo verso la Coppa del Mondo e l'obiettivo terminale è quello degli ottavi di finale. Ma questo non deve farci perdere concentrazione sugli obiettivi intermedi a cominciare dalle qualificazioni mondiali di ottobre contro il Portogallo e la vincente tra Russia e Ucraina, o i test di novembre contro Argentina e Australia e il prossimo Sei Nazioni, appuntamenti nei quali i giocatori dovranno mostrare la stessa voglia di sfidare i migliori e progredire ancora nella voglia di prevalere che hanno avuto nell'ultima stagione». A questo proposito, la mancanza di quello che gli anglo-sassoni chiamano il «killer-instinct» sembra essere stato l'handicap maggiore della squadra la scorsa stagione. State lavorando anche su questo aspetto? «Credo che il problema sia relativo alla personalità internazionale del team che crescerà con l'esperienza. Siamo una squadra giovane che ha grandi margini di miglioramento e sono convinto che sui risultati dell'ultimo Sei Nazioni abbia pesato molto l'esito del primo match contro l'Irlanda (sviste arbitrali, n.d.r.). Rispetto al tempo avuto a disposizione, sono soddisfatto del lavoro fatto e dei progressi ottenuti anche in questo campo».

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