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TORINO — Non manca l'ottimismo in casa Juventus alla vigilia del secondo round con la giustizia sportiva.

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«Io - dice Luigi Chiappero, l'avvocato dell'ex amministratore delegato Antonio Giraudo - sono fiducioso. Credo nella bontà degli argomenti che ho elencato nel mio ricorso. E credo che proprio nelle carte dell'indagine si trovino le prove che possono scagionare tutti». Chiappero si riferisce a certe testimonianze rese da arbitri e guardialinee, che hanno giurato di non avere mai ricevuto ordini o pressioni dai designatori, e alle relazioni degli osservatori delle giacchette nere, da lui diligentemente citate nel reclamo. Il punto, per l'avvocato, è che se si allontana da Giraudo (e da Luciano Moggi) lo spettro dell'illecito sportivo si può evitare una condanna tombale anche alla Juventus. «Del resto - spiega Fulvio Gianaria, il difensore di Lucianone - la sentenza di primo grado ha qualcosa di paradossale: le sanzioni sono tremende, ma i ragionamenti che le hanno accompagnate sono all'insegna della mitezza. Le critiche che faremo a quel provvedimento saranno molte. Ci auguriamo solo che la Corte ci ascolti». Il capitolo «pene» è quello su cui maggiormente insiste la Juventus nelle otto paginette del suo ricorso. La retrocessione, i trenta punti in meno, i due scudetti evaporati e tutti gli annessi e connessi (mancata partecipazione alle coppe, diaspora dei giocatori migliori) vengono vissuti come una punizione eccessivamente severa e soprattutto sbagliata dal punto di vista del diritto. L' avvocato Cesare Zaccone parte dalla posizione di Moggi e Giraudo («non sono colpevoli di illecito sportivo, ma al massimo di violazione dell'articolo uno del codice, quello sulla lealtà») per affermare che la società, al massimo, risponde di «responsabilità oggettiva» e non diretta; la sanzione, quindi, va riscritta «in maniera coerente», e deve essere calibrata non sull'arco di due campionati, come è stato fatto in primo grado, ma di uno solo, che potrebbe essere quello del 2004-2005, l'unico ad essere stato - secondo l'accusa - viziato da irregolarità. A Firenze è vigilia d'attesa. I legali del club, a poche ore dall'inizio del processo d'Appello, si dicono ottimisti e comunque pronti a battagliare fino in fondo per arrivare all'assoluzione del club viola e dei suoi dirigenti, avendo basato gran parte del ricorso sulle incongruenze riscontrate nel primo dispositivo e pure sui contatti fra Guido Rossi e Blatter in occasione dei Mondiali. Intanto la squadra sta chiudendo la prima fase della preparazione a Folgaria. Ieri Cesare Prandelli ha affidato ad un comunicato le sue riflessioni: «Nonostante il momento di difficoltà abbiamo fatto di tutto per lavorare bene e creare un gruppo forte. Mai come adesso occorre restare uniti e lasciar da parte ogni egoismo, ben sapendo che dobbiamo affrontare quotidianamente e con grande fermezza tutti i problemi. Garantisco in prima persona che nessuno si muoverà da Firenze nel caso in cui questa giustizia, che abbiamo definito frettolosa, confermi che il nostro futuro sarà in una categoria inferiore». Per i viola e per Della Valle la missione-salvataggio sembra impossibile. Anche il Milan vuole mitigare il pesante verdetto della Caf: si chiede l'assoluzione, il grosso rimpianto è la Champions sfumata. Alla fine il club vuole ottenere un sensibile sconto sulla penalizzazione, magari in quella della passata stagione proprio per materializzare almeno il preliminare della più prestigiosa competizione internazionale. Tutti sono in ansia, insomma. E c'è attesa per il secondo filone e sull'indagine portata avanti da Borrelli: chi oggi non ci sarà, in appello, è l'Arezzo: il club toscano che era entrato in extremis nel processo come terzo interessato (dopo Lecce, Messina, Bologna, Treviso e Brescia), ha deciso di non persistere. Una scelta legata alla posizione della società coinvolta nel secondo filone dell'inchiesta su cui sta lavorando l'ufficio indagini di Borrelli. Con la Reggina a rischio deferimento (la posizione si è aggravata con l'iscrizione nel registro degli indagati in se

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