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Col Lecce meritata passerella europea per la banda-Rossi

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I sogni possono librarsi leggiadri verso quel sogno Uefa che sei mesi fa sembrava un paradosso e oggi invece è una splendida realtà colorata di biancoceleste. La Lazio vede l'Europa, l'assapora, accarezza il traguardo sempre più vicino. Questione di matematica, serve una vittoria, quella da conquistare contro un Lecce già retrocesso in B e destinato a salire all'Olimpico senza velleità. La missione sul campo della capolista ha portato in dote un punto pesante che potevano essere tre se non ci si fosse messa di mezzo la sfortuna di giocare a rincorrere non tanto gli avversari quanto la sfortuna. Prima la frattura alla tibia di Mudingayi, poi l'espulsione di Dabo, che sommate al forfait di Liverani (rimasto a Roma) hanno costretto Rossi a disegnare un centrocampo davvero inedito. Zauri mediano con Mauri a supporto, squadra in dieci senza fronzoli e con umiltà da vendere. Il pareggio finale diventa la sintesi di una Lazio che nel doppio confronto non si è mai inchinata alla capolista, è la testimonianza di una squadra quadrata e organizzata, che raramente rimane in balìa degli eventi. Sa come e quando affondare i colpi, ha meccanismi oliati a dovere per contrastare le iniziative avversarie. Insomma è il meritato premio per una formazione che ha saputo demolire a spallate la diffidenza generale e conquistarsi spazio nel gotha del campionato. Merito di Rossi, demiurgo capace e meticoloso, al lavoro ormai da undici mesi su un prototipo sempre più ammaliante e solido. È lui il valore aggiunto d'un gruppo che rispetto agli effettivi della scorsa stagione annovera «solo» le novità Behrami, Cribari e Mauri (tra l'altro arrivato a gennaio). È cambiato lo spirito, la convinzione, c'è una maggiore dedizione alla causa. La qualità c'era, è rimasta e sarebbe un delitto smarrirla, perdendo i pezzi per strada. La società faccia il possibile per trattenere almeno Oddo, Dabo e Mauri, magari tenti un altro, disperato assalto a Liverani, che ancora non ha firmato per la Fiorentina. In fondo una parziale deroga al rigido «paletto» - autoimposto - degli ingaggi sarebbe il miglior biglietto da visita per tornare a viaggiare, con profitto, in Europa.

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