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Un modo crudele per buttare via l'imbattibilità

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Era proprio lui, l'allenatore della Roma catapultata nella storia da undici successi consecutivi, quello che aveva firmato il precedente blitz con l'Udinese ai danni dei biancocelesti. Ma vuoi mettere il differente dolore fra quella volta e l'altra sera? Adesso brucia la consapevolezza di aver buttato via l'imbattibilità casalinga nel più scellerato dei modi consegnando per sovramercato alla gente giallorossa il privilegio della lunga serie di conquiste in campionato chissà quando eguagliabile. Cosa ci può essere di peggio per un laziale doc? Pure a freddo l'aquila pare un simbolo ferito e destinato a volare basso sotto il predominio del club più amato della capitale, Tottimania compresa. E le riflessioni dolenti ritornano a una campagna di rafforzamento inadeguata che non ha portato né l'estate scorsa, né a gennaio, quello che serviva in difesa e in attacco per compiere davvero il sospirato salto di qualità. Così si vanifica lo scrupoloso lavoro di Delio Rossi, quel predominio affiorato per lunghi tratti anche davanti alla Roma, senza produrre minimi vantaggi. Colpa di chi? Può essere sempre e solo sfortuna, mentre perfino Peruzzi soccombeva non completamente innocente in una difesa abitata dalle streghe? Questa stagione laziale straripa danni arbitrali e partite capovolte dalla cattiva sorte, salvo ammettere che nel derby di serie A numero 126 i fluidi positivi favorevoli alla Roma hanno semplicemente aiutato la formazione più concreta e meglio organizzata in campo. Lo sappiamo bene: nel football bisogna possedere il colpo del ko, virtù introvabile fra gli assaltatori biancocelesti, prescindendo da quell'unico palo che Rocchi ha scheggiato al culmine di una superiorità tecnico-tattica infruttuosa. È inutile piombare negli ultimi sedici metri per poi evaporare davanti all'accoppiata Mexes e Chivu, al cui confronto gli omologhi Siviglia e Cribari sono sembrati troppo impacciati e approssimativi. Lotito dove sei? Arriverà il momento dei rinforzi che ci restituiranno un reparto arretrato rassicurante, con mazzolatori capaci di sublimare l'effervescente gioco di Delio Rossi? Gli interrogativi sono lancinanti, mentre Trigoria festeggia con sedici punti di vantaggio in classifica rispetto ai rivali di città. Tuttavia bisogna reagire, senza seppellire nello sconforto le piacevoli sorprese d'annata e le chance ancora esistenti d'approdare ancora in zona Uefa. Oggi la Lazio riparte dal podismo di Behrami, la spinta di Oddo tornato con merito in Nazionale, e dalla genialità distribuitiva di Liverani, regista non ancora vincolato a Lazio futura e che si ritiene libero d'accettare dal mercato la migliore offerta. Addirittura anche di provenienza romanista. Urge trattenerlo e Lotito, dopo la prima stracittadina persa su quattro, dovrebbe correre ai ripari. Molte cose ha indovinato, ma per completare l'opera e alleggerire l'urto dei contestatori, non può restare a metà del guado, in pieno anonimato. Quanto al tecnico di Rimini, trafitto dalla quarta rete di Taddei alla Lazio (causa l'ingenuo Bonanni appena inserito) e dal giovane Aquilani, avrebbe dovuto effettuare i cambi prima, accertate le difficoltà di preoccupare Doni. Leggere in corsa la partita non è una delle prerogative evidenti nel repertorio di Delio Rossi, forse nella circostanza in soggezione dinanzi ai propositi vani di Di Canio. La torre Tare e un Pandev più motivato avrebbero probabilmente servito la causa laziale in maniera meno evanescente. Abbandoniamo in fretta i malumori. L'obiettivo europeo è ancora alla portata, grazie ai risultati dei concorrenti Sampdoria, Palermo, Chievo e Livorno. E, dopo la sosta azzurra, lo sprint decisivo comincia a Verona contro la rivelazione Chievo. Auguriamoci di non memorizzare contraccolpi negativi, la lazialità va avanti.

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