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Flop azzurro nella gara vinta da Raich Sabato Rocca nello slalom ultima carta del nostro sci alpino finora senza medaglie

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Anche se Flavio Roda, ct azzurro, e l'indimenticabile Alberto Tomba ieri hanno subito detto che «no, non bisogna mettergli addosso troppa pressione», da qui non si scappa: l'Italia dello sci alpino, maschile e femminile, non ne ha combinata una giusta finora e, in pratica, non ci resta che Rocca. Una buona carta, una grande carta, una splendida carta: ma sabato, giorno dello slalom, sarà l'ultima a disposizione dello sci alpino e, dovesse andare male anche quella, sai che tristezza. Atmosfera pesante, in casa Italia. Inutile girarci intorno. Ieri, a Sestriere, era in programma lo slalom gigante. Dopo la bufera di neve di sabato, una giornata di sole splendido, una neve perfetta e tifosi accorsi da ovunque. Non restava che sciare. E possibilmente salire sul podio, senza cercare scuse nel caso in cui le cose non fossero andate bene. Invece, un disastro: nella gara vinta meritatamente da Benjamin Raich (primo oro olimpico) davanti al francese Joel Chenal e all'eterno austriaco Hermann Maier, gli azzurri non sono mai esisititi. Spariti, liquefatti. Il migliore è stato Massimiliano Blardone, undicesimo dopo avere chiuso la prima manche all'ottavo posto. Gli altri? Schieppati 15°, Moelgg e Simoncelli out. Ragioni del tutto? Tante e nessuna. Una cosa però va detta: pare fuori luogo accampare scuse. Passi per il mal di schiena di Moelgg, di cui si è a conoscenza da mesi. Ma il resto non regge: appena tagliato il traguardo nella prima manche Blardone, che vale i migliori gigantisti del lotto e che in carriera ha anche vinto due volte in Coppa, si è giustificato dicendo di essere «stato vittima di un virisu nei giorni scorsi che mi ha debilitato. E in pista c'erano sassolini ovunque». Strano che a trovare i sassi sia stato solo lui, poche ore dopo una nevicata di mezzo metro. Strano che del virus nessuno avesse detto nulla, neppure l'interessato nella conferenza stampa di vigilia. Strano che nelle occasioni che contano i nostri si nascondano spesso e volentieri: «Credo di essere io, più ancora dei ragazzi, il più dispiaciuto per questa gara — ha detto Roda alla fine — eppure la preparazione c'è stata e ci sono state le condizioni giuste per fare risultato. Peccato, davvero peccato. Nella prima manche Simoncelli ha infilato un braccio in una porta e da quel momento è finito nel pallone. Max, poteva, invece, attaccare di più nella seconda discesa». Non l'ha fatto, amici come prima. Inutile, però, lamentarsi ogni volta per un motivo diverso: la neve troppo molle, la pista ghiacciata, la nebbia e chissà cos'altro. Per la cronaca, la gara è stata bellissima e nessuno ha trovato sassolini sul tracciato: i primi tre hanno finito nello spazio di sedici centesimi, Miller ha provato la rimonta nella seconda manche, ma non c'è riuscito fino in fondo e ha chiuso sesto, Chenal ha dedicato l'argento a Severino Bottero, allenatore italiano scomparso in un incidente stradale ai primi di gennaio che proprio quest'anno era tornato a occuparsi della nazionale transalpina. Pochi chilometri più in là, a Sansicario, l'austriaca Dorfmeister vinceva in libera il secondo oro delle sue Olimpiadi precedendo Janica Kostelic e Alexandra Meissnitzer. Migliore delle azzurre Lucia Recchia, ottava: appena meglio di Blardone.

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