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«Tre mesi fa mi sono licenziato per allenarmi»

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Nei prossimi giorni manderò qualche curricola in giro: magari, scrivendo «campione olimpico» sul biglietto da visita, qualcuno mi darà retta». E giù a ridere. Di gioia e incredulità. Da olimpionico, piacentino di 32 anni e un pezzo, trapiantato da anni nel trevigiano. Campione del mondo per otto volte nel pattinaggio a rotelle, ha un sorriso contagioso e tanta voglia di raccontare che «gli olandesi hanno sbagliato perché capivano che stavamo rimontando, erano sotto pressione». Gli occhi luccicano, la telefonata del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi è finita da un po' ma è bello ricordarla: «Un movimento piccolo come il nostro che interessa tanta gente, è incredibile». E adesso 130.000 euro come premio per l'oro conquistato: «Sono senza lavoro, mi servono eccome. Ci pagherò il mutuo per la casa». Concesso. L'uomo copertina resta però Enrico Fabris, la nostra locomotiva, il talento assoluto, già bronzo nei 5000: «Ero già contento dopo quel terzo posto, adesso sto vivendo un grande sogno. Quandi mi renderò conto di quello che abbiamo fatto? Non lo so proprio: forse un giorno o due, magari un mese. Comunque io sono ottimista per natura, ho sempre creduto che avremmo potuto farcela: anche contro l'Olanda, sì». E adesso? «Adesso penso ai 1500, mica ho finito». Da averne quasi paura. Matteo Anesi ha invece solo ventidue anni. Arriva da un paesino di 4721 anime, Baselga di Pinè, vicino Trento. Suo papà, Sergio, lo ha messo sui pattini a quattro anni, quando ancora non era stata costruita la pista artificiale e si pattinava sul ghiaccio del lago Serraia. Lo dipingono come un «freddo», capace di dominare le emozioni: «Ma all'esordio olimpico, contro gli Stati Uniti, un po' di timore l'avevo anch'io». Il 22 dicembre è entrato nella Guardia di Finanza, il papà (che ha commentato le imprese del figlio dai microfoni della Rai) se lo mangia con gli occhi e gli sussurra solo un «è andata» che non ha bisogno di altri commenti. A completare il quartetto, c'è Stefano Donagrandi, leggermente infortunatosi mercoledì e quindi sostituito da Anesi: «Ma la medaglia la sento veramente mia lo stesso». Ci mancherebbe altro. La sentiranno propria anche gli altri ottanta agonisti italiani: per rendere l'idea, in Olanda sono 32.000 (i praticanti almeno il doppio), in Canada oltre 50.000, in Norvegia 16.000, in Germania 12.000. Lì, gli anelli di ghiaccio sono come in Italia i campi di calcio. Eppure, nonostante lo scarso numero di praticanti, l'Italia guarda adesso tutti dall'alto in basso. D. Lat.

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