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Al termine del torneo il mitico stadio Lansdowne Road verrà abbattuto e ricostruito. I padroni di casa si affidano al talento di O'Driscoll La festa per le strade e nei pub

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La descrizione porta immediatamente alla mente le caratteristiche del genio del rugby irlandese, Brian O'Driscoll. A Dublino, in effetti, si aspettano miracoli dal rientro di «Bod», come lo chiamano, e si capisce da come ne parla la gente nei pub di Temple Bar. Dopo l'infortunio subìto durante la campagna dei British Lions in Nuova Zelanda in seguito ad un placcaggio devastante di Tana Umaga che creò diverse polemiche, O'Driscoll ha dovuto saltare i test autunnali, guarda caso non brillantissimi per l'Irlanda. Il talento irlandese è rientrato in tempo per l'esordio nel Sei Nazioni contro l'Italia e guiderà i suoi nell'ultimo match sull'erba dello storico Lansdowne Road, lo stadio in attività più antico d'Europa, che verrà abbattuto e ricostruito al termine del torneo. Per le strade della città, nell'atmosfera fumosa dei pub si vive la festa del rugby e del torneo più antico del mondo. Il Sei Nazioni non si esaurisce negli 80' di gioco ma vive la sua storia prima, durante e dopo nella voglia di stare insieme, di giocare, gioire e bere con i tuoi avversari, nella pacifica invasione di campo dei bambini che corrono attorno ai giocatori nella speranza di ricevere una maglia o semplicemente uno sguardo dai campioni preferiti. Vive nell'orgoglio di indossare i colori della tua nazione, nella partecipazione con cui cantare l'inno nazionale a squarciagola, riscaldando i corpi e le anime negli stadi stracolmi. Proprio l'Irlanda ne canta uno scritto appositamente per la squadra di rugby, l'unica rappresentativa sportiva capace di superare le secolari divisioni dell'isola di smeraldo e di unire dietro le sue maglie giocatori dell'Eire e dell'Ulster. «Shoulder to shoulder, we answer Ireland's call», spalla a spalla rispondiamo alla chiamata dell'Irlanda. Il messaggio è chiaro, la sfida è lanciata. A raccoglierla ci sarà l'ambiziosa Italia di Berbizier, 25 anni di età media e la voglia di conquistarsi un posto al sole nel rugby che conta. Il condottiero d'oltralpe vive nell'anima un torneo che ha disputato 13 volte da giocatore e da allenatore, vincendolo in sette occasioni. Lo si capisce dalla luce che ha nello sguardo quando parla dell'onore toccato ai «suoi» ragazzi di calpestare l'erba del Lansdowne Road per l'ultima volta, nello stadio che lo vide vincitore al suo secondo cap con la Francia in occasione dello storico Slam dell'81, da come parla con ammirazione del «fighting spirit» con cui gli irlandesi giocano a rugby, espressione perfetta del senso del gioco: lotta in campo, festa fuori. Le strade di Dublino sono piene di italiani, le cifre ufficiali parlano di 3500 presenze, venuti a respirare l'aria diversa di uno sport diverso. Oggi sugli spalti del Lansdowne Road non troveranno striscioni osceni o simboli politici, troveranno sfide e voglia di cantare, colori e passione. Troveranno amore per la vita.

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