Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Dal ceko un messaggio «Mondiale»

Esplora:
default_image

  • a
  • a
  • a

e perché esorcizza lo spettro della legge dei grandi numeri in vista dell'anticipo di Parma. Certo, è giusto anche sottolineare qualche motivo di apprensione, per quel finale così sofferto, anche se affrontato con grande attenzione: spia di un inevitabile disagio di ordine fisico dopo l'impiego dello stesso gruppo ristretto per una lunga serie di impegni. Del resto, questo offre l'organico romanista, che non appariva maestoso neanche quando erano a disposizione giocatori attualmente in infermeria o in trasferta forzata. E l'impossiiblità di ricorrere a qualche rimedio sul mercato invernale obbliga Spalletti a richiedere alla sua pattuglia un dispendio di energie finora mascherato da una condizione atletica superba, ma sulla cui durata nel tempo è lecito nutrire qualche perplessità. Il bellissimo primo tempo di una Roma che pure avrebbe potuto badare ad amministrare il vantaggio, testimonia la fiducia e la serenità della squadra, e dunque si può considerare quasi fisiologica la flessione anche di fronte alla disperazione di una Juve che rimane la grande protagonista della scena calcistica nazionale. A qualche osservatore un po' superficiale, poteva risultare punitiva nei confronti della Juventus la doppia espulsione, perché inevitabilmente il valore di mercato di Ibra è nettamente superiore a quello di Dacourt. In realtà, il disagio maggiore lo ha avvertito soprattutto la Roma, che ha dovuto imporre compiti di interdizione a quel Perrotta che rappresenta la chiave di ogni riproposizione offensiva, con la capacità di aprire nel modo giusto gli spazi agli inserimebnti degli esterni. Si è molto parlato della direzione di Dondarini, che personalmente non ritengo scandalosa, trattandosi di un arbitro che spesso rappresenta una mina vagante, ma almeno non si concede interpretazioni a senso unico, tipo quelle di Racalbuto, primattore in questo ruolo preciso. Ma probabilmente ha ragione chi sostiene che i due cartellini rossi se li sarebbe potuti risparmiare, giusta sanzione il giallo per i buffetti tra il croato di Svezia e il francese. Di cartellini rossi se ne sarebbe dovuto vedere uno solo: sbattuto in faccia a Pavel Nedved per il fallo omicida su Totti, fortunato a salvare le gambe e forse la carriera. Dicono che a pensare male si fa peccato, però spesso ci si indovina: così che non si può fare a meno di riflettere su qualche dato importante, dopo avere precisato che stiamo parlando di Pavel Nedved, notoriamente affidabile e sincero come una banconota da undici euro. Qualcuno, malizioso, si è chiesto quale fosse l'avversaria più titolata per l'Italia nel prossimo Mondiale, individuandola senza fatica nella Repubblica Ceca. Si è chiesto anche, il malfidato, quale fosse il più forte giocatore italiano, e se per caso nelle file della Juventus ci fosse qualche boemo di passaggio. Ma come si fa a ipotizzare qualcosa di premeditato da parte di un modello di lealtà come Nedved? Lo stesso giocatore che portò via a forza il suo collega Zambrotta quando stava andando a confessare all'arbitro di non avere subìto fallo da rigore da parte di un difensore del Bologna? Per offrire l'immagine di un cherubino, non bastano boccoli biondi e occhioni cerulei. Un atteggiamento non dico angelico, ma almeno in linea con un minimo di umana dignità, non guasterebbe.

Dai blog