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Panucci ha una spiegazione «All'Olimpico la palla scotta» Il tecnico «Come giocare fuori casa»

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Dopo l'incoraggiante mini serie positiva ottenuta con le tre vittorie consecutive, sono arrivate le tre partite interne di fila. E contro Juventus, Strasburgo e Fiorentina, la squadra di Spalletti si è nuovamente bloccata, raccogliendo la miseria di due pareggi. Se non dal punto di vista del gioco (a sprazzi si è vista determinazione e grinta) da quello dei risultati qualcosa si è inceppato. Escludendo i francesi, il valore delle avversarie giustifica solo in parte il deludente andamento interno tenuto dall'inizio del campionato. Perché è proprio allo stadio Olimpico che finora si è perduto terreno dalle posizioni che contano. Soltanto otto punti sui ventuno a disposizione: quasi un terzo della dote, la Roma l'ha dilapidata in casa. Due vittorie contro Parma e Ascoli (in extremis), altrettanti pari con Lazio e Fiorentina e tre sconfitte con Udinese, Siena e Juventus. Gli stessi successi del Lecce ultimo in classifica, un dato più che allarmante. Differente invece il rendimento esterno. Lontana dalle mura amiche la Roma ha conquistato undici lunghezze in sei confronti. Se dietro i numeri spesso si nascondono spiegazioni precise, è difficile non constatare che questa incapacità di rendere davanti al pubblico amico sia in gran parte da addebitare alle carenze strutturali e di organico che il tecnico di Certaldo è costretto a fronteggiare. La sua Roma ha difficoltà a costruire gioco senza un regista e fa una fatica enorme a concretizzare le occasioni da rete che si procura. Senza un centravanti di peso e senza il faro a centrocampo, soprattutto contro le piccole, i limiti emersi hanno finito col penalizzare la squadra e favorito il gioco di rimessa delle avversari. Così, per dirla con Panucci, «Il pallone spesso scotta tra i piedi» e alla lunga, quando il gol non arriva, la squadra perde terreno e presta il fianco al ritorno dell'avversario di turno. Componente tecnico-tattica, dunque. Ma non solo. «Spesso, da qualche tempo a questa parte, scendendo sul campo dell'Olimpico sembra di giocare fuori casa». Le parole pronunciate sabato scorso anche da Bruno Conti erano un grido di aiuto. E' inevitabile, aldilà delle dichiarazioni di prammatica, che i venti di contestazione verso Rosella Sensi e i malumori che spesso hanno coinvolto alcuni giocatori (da Cassano a Perrotta, da Mancini a De Rossi) possano aver influito su un gruppo ancora piuttosto fragile sotto il profilo della tenuta psicofisica. Parlare di tabù non è fuori luogo, specialmente se si va ad analizzare il cammino dal girone di ritorno dello scorso anno, quando nelle due gestioni tecniche di Del Neri e Conti, la Roma ha «violato» il suo campo soltanto in due partite: contro Messina e Livorno. Per trovare un'altra vittoria in campionato si sono dovuti attendere ben sette mesi. Il 21 settembre scorso, con il 4-1 inflitto al Parma, l'incubo pareva allontanato. La maggioranza del pubblico in diverse occasioni ha tributato un'accoglienza tiepida nei confronti dei beniamini di sempre, quasi distante dalla squadra. In uno stadio che malinconicamente sembra più vuoto di quello che in realtà sia. Ma derby e Juve a parte, anche la flessione degli spettatori sembra inarrestabile. Domenica sera al Foro Italico c'erano poco più di tredicimila paganti. Che sommati ai ventiseimila abbonati hanno appena sfiorato quota quarantamila. Per una partita di cartello come quella con la Fiorentina seconda in classifica sicuramente poco. Il pienone fatto registrare con la Juventus difficilmente si rivedrà in questa stagione. La delusione di quella bruciante sconfitta ha lasciato i segni anche sugli umori della gente romanista. Non solo sui giocatori.

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