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Lazio, cuore e orgoglio

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All'Olimpico non passa neanche la banda Mancini: finisce 0-0, con un carico di rimpianti che si specchiano in un gol annullato ingiustamente (a Pandev), a un rigore reclamato (sul macedone) e un discreto numero di occasioni collezionate senza fortuna. Rossi ritrova la squadra tonica e decisa smarrita nel naufragio di Reggio: una premessa incoraggiante alla vigilia della doppia trasferta Samp-Empoli. I nerazzurri perdono invece un'altra chance per spiccare il volo: la vetta si allontana, insieme ai sogni di gloria. In campo è la Lazio di sempre: dopo tormentate riflessioni c'è Pandev accanto a Rocchi. Niente Inzaghi, niente Tare, bocciatura per le «torri», spazio al tandem tascabile per favorire il fiuto da killer dell'uomo derby e mettergli a supporto la fantasia del trequartista macedone. Anche Mancini si affida al 4-4-2 canonico: niente «rombo» a centrocampo, Martins accanto ad Adriano con il re Mida del gol - Cruz - in panchina. Figo fa il rifinitore, più ispiratore che laterale sinistro, e i nerazzurri cercano di scardinare le certezze laziali puntando sulla manovra ragionata, con Pizarro fine dicitore e Martins scoiattolo che svaria sull'intero fronte offensivo. L'Olimpico riserva una dose industriale di fischi all'ex Mancini - ricordato come "traditore" - e poi assiste ai primi, velleitari tentativi nerazzurri. Adriano prova a farsi breccia più con le intenzioni che con il micidiale mix potenza-progressione, al 12' riesce ad anticipare Cribari sugli sviluppi di un angolo ma non trova il bersaglio e Cambiasso non riesce a correggere in corsa. La Lazio prende coraggio, niente a che vedere che con la molle versione di Reggio: in campo ci mette grinta e aggressività, Pandev fluttua tra le linee e innesca due minuti Rocchi a tu per tu con Julio Cesar, peccato che tra la gloria - cioè il gol - e la palla si frapponga Favalli, uno che a Roma, sponda biancoceleste, ha vinto praticamente tutto. Applausi, convinti, della gente per l'unica vecchia conoscenza ricordata con affetto. La creatura di Rossi cresce in modo esponenziale, Mihajlovic e Materazzi usano le maniere forti per fermare Rocchi e Pandev e al 20' un'azione da manuale del calcio, costruita tutta d'un fiato, fa spellare le mani alla gente: Pandev in verticale per Cesar, cross in corsa, Behrami al volo. L'esterno della rete regala l'effetto ottico del gol. A dire il vero la Lazio segna anche - sette minuti dopo - ma Messina annulla tra lo stupore generale. Stavolta l'incrocio funziona al contrario: Behrami per Cesar, colpo di testa per il tap-in facile facile di Pandev. Urlo strozzato in gola per un arcano motivo, forse una strattonata, lieve, a Zè Maria. L'Inter adesso non c'è più, sparisce. A centrocampo domina l'orgoglio «scozzese» della Lazio. Pandev reclama anche un rigore, Messina lascia correre anche in questo caso, Mancini (rintanato nel pullman sotto il sotto il tunnel dell'Olimpico con speciale antenna) ringrazia. Nella ripresa Peruzzi non c'è più: il dolore si fa sentire ancora, spazio a Ballotta. Sul filo di lana del primo tempo anche Firmani si era inchinato a un infortunio, lasciando il testimone a Baronio. L'Inter non cambia una virgola e stenta a prendere quota. Rocchi prova una sortita temeraria, ma il destro si spegne alto, poi Martins ravvivar un po' la serata con un'incursione spalla a spalla con Cribari nell'area biancoceleste. E' l'unico a tenere in apprensione la difesa laziale e al 20' riesce anche a prendere tutti d'infilata: finta e controfinta, centrali a terra, poi si emoziona e scivola sul più bello. A un quarto d'ora dalla fine dentro Recoba e Inzaghi: Mancini e Rossi provano a rompere l'equilibrio. Il tecnico nerazzurro tenta l'arrembaggio. Senza fortuna. Applausi dell'Olimpico: la Lazio c'è.

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