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Totti-Di Canio, le «voci» del derby

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Tanti quanti ne sono passati per rivedere l'idolo della Curva biancoceleste rimettersi la «sua» maglia e riprendersi la storia. Perché il 6 gennaio dell'anno scorso Paolo l'ultrà scriveva una nuova pagina della stracittadina, regalandosi una perla d'antologia -destro al volo su assist di Liverani- ancora sotto la Sud. «Sono io, vi ho segnato io», il labiale estasiato del numero nove, proprio come quel lontano '89. Stavolta la vigilia è invece scandita dal proclama dell'altro simbolo Capitale, quel Francesco Totti capace in passato di atterrire i propositi laziali, come nel '99, quando fermò la cavalcata verso il tricolore della banda-Eriksson prima di sfoggiare la maglia «Vi ho purgato ancora», mandando in visibilio il suo popolo. Ieri il capitano giallorosso ha urlato la sua ambizione da un megafono passatogli dai tifosi accorsi a Trigoria per smuovere le coscienze della squadra. Tono perentorio, messaggio diretto: «Se segno vado a esultare sotto la Nord», e giù applausi orgogliosi della gente, desiderosa di capovolgere la tradizione delle esultanze sotto la Curva avversaria, prima che lo stesso concetto venisse sposato anche da Panucci e De Rossi, seppur senza megafono. Stavolta è il capitano giallorosso a scaldare la vigilia dei novanta minuti più attesi, mentre Di Canio gli rivolge sentiti auguri per il bebè, dispensa frasi concilianti ed evita di replicare a Montella che gli ha dato del «provocatore», anzi lo ringrazia ammonendo però i più distratti con un «non si creda di non avermi addolcito dicendomi che sono stato un grande giocatore». Modi diversi di preparare il derby. L'anno scorso, la vigilia, era stata accompagnata da una polemica infinita tra i due simboli, fatta di frasi al vetriolo e toni ironici. Il leader biancoceleste ha scelto il profilo basso: martedì ha invitato a cena i nuovi compagni, venerdì si è invece concesso una serata in compagnia dell'amico «ghepardo» Rocchi, per parlare e sfogliare l'album dei recenti ricordi con flash scattati in famiglia e due gol (quelli decisivi segnati il giorno della Befana) destinati a rimanere negli annali. Stavolta, magari, in caso di gol se ne andrà a correre sotto la Nord. «Non ho ancora pensato all'esultanza», ribadisce concentrato. Bandito ogni eccesso dialettico: se l'erano promesso dopo la vittoria, scintillante, contro la Fiorentina. «Meglio spendere energie in campo». Diverso il clima traghettando il borsino degli umori da Formello a Trigoria: il ko di Empoli impone una scossa. E nello spogliatoio giallorosso qualcosa s'è mosso. Montella ha lanciato il sasso, mettendo nel mirino Di Canio, Totti ha raccolto e rilanciato, anche per provare a riprendersi lo scettro della stracittadina. La gente si coccola i due simboli -romani- e si gode una sfida che non sarà più quella stellare d'inizio 2000, quando le due squadre furono addirittura capaci di scambiarsi lo scudetto dopo tanti anni di astinenza, ma ha il sapore -schietto e genuino- del vero derby. Il derby di Totti e Di Canio. Le due facce della Capitale.

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