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L'OSSERVATORIO

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Meno spazio, insomma, alle polemiche e alle frecciate sugli arbitraggi, tornati alla ribalta dell'attenzione dopo un avvio fin troppo morbido per risultare attendibile. Il ritorno alle designazioni è sicuramente un fatto positivo, anche in relazione all'inaffidabilità di un sorteggio che aveva allontanato per un anno da una determinata squadra il migliore arbitro del mondo. Però Mattei non ha avuto neanche il tempo di godersi l'approccio soft determinato dalla felice convergenza di partite senza equilibrio e senza veleni: ed ecco irrompere non due giovani spavaldamente lanciati nell'arena più illustre, ma due collaudatissimi marpioni, a scatenare un terremoto. A Livorno era impegnato Matteo Trefoloni, internazionale di prima fascia: inizialmente, responsabile di una cattiva distribuzione di cartellini gialli, e per Taddei sarebbe stato il secondo. In seguito, però, tradito prima da un eccesso di protagonismo, poi dalla cecità sua e del collaboratore più vicino all'azione. Grottesca l'ammonizione per Totti: tre minuti per battere una punizione dal limite, avversari già sulla palla al momento del fischio, una sola ammonizione per le reiterate, e corali, uscite dalla barriera. E infine punito il capitano romanista per essersi rifiutato di piegarsi a un autentico sopruso. Si parla tanto di prove televisive, occorrerà stabilire se è punibile chi simula palesemente un arbitraggio, ma al di là dei paradossi sarebbe sacrosanto l'annullamento dell'ammonizione a Totti. Certo, non è un bel segnalare recriminare, a ragione, già dopo tre giornate, ma la Roma troppe esperienze negative ha sofferto in passato per non avvertire l'esigenza di mettere subito le mani avanti. Ancora più grave, secondo me, il comportamento di Dondarini: il quale in carriera, non ha mai mostrato particolari preferenze, riuscendo alla resa dei conti a far lamentare tutti, con decisioni al di fuori del regolamento e anche del buonsenso. Si celebra la Fiorentina, giusti i complimenti e gli auguri a Cesare Prandelli che a Roma non aveva avuto modo di illustrare i propri meriti. Però nessuno può negare che l'Udinese sia stata letteralmente truffata da una decisione incomprensibile, l'annullamento del regolarissimo gol di Iaquinta. Sul pareggio, con le logiche e differenti varianti tattiche rispetto al goliardico finale, si sarebbe vista un'altra partita, che i friulani avrebbero forse potuto ugualmente perdere, ma che avrebbero anche potuto vincere. Si sono viste, domenica, tre azioni quasi identiche, braccia larghe in area di rigore e movimento scomposto: è stato assolto Vargas negando la vittoria alla Roma, è stato graziato Corini affondando le speranze di recupero del Siena, è stato immediatamente inchiodato Cristiano, occasionalmente avversario della Juventus. I rigori, sia chiaro, c'erano tutti e tre: ma l'unico è toccato alla squadra che da sempre, nella storia del nostro calcio, è come i maiali della Fattoria degli animali di Orwell, che sono più uguali degli altri.

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