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FAIR PLAY di RINO TOMMASI

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Non ho la presunzione di pensare che Carraro abbia letto quanto avevo scritto un paio di settimane fa, proprio in questa rubrica, ipotizzando il danno economico che la presenza in serie A dell'Ascoli e del Treviso al posto (a scelta) del Genoa, del Torino o del Napoli avrebbe arrecato al nostro calcio, tuttavia è importante che il presidente della Federcalcio, uscendo dalla sua abituale riservatezza, si sia reso conto del problema. Premesso che il mio personalissimo parere è che la Federazione abbia perduto una clamorosa occasione di non sfruttare a favore del calcio il caos determinatosi l'estate scorsa e di tornare immediatamente alle 18 squadre senza ricorrere ai disastrosi, diseducativi e discutibili ripescaggi, credo che sia necessario scegliere tra due scuole di pensiero o, più semplicemente, tra due sistemi. Credo di averne già scritto almeno due anni fa ma forse vale la pena riparlarne. C'è dunque un sistema meritocratico al quale il nostro calcio (ed in genere quello europeo) si è sempre attenuto ed è quello basato sul meccanismo delle promozioni e delle retrocessioni. E' il sistema che ha portato il Napoli in serie B (se è finito più giù è stato per altre ragioni), il Bari in quarta serie, la Pistoiese in serie A e così via. C'è invece, dall'altra parte dell'Oceano, voglio dire negli Stati Uniti, un'altra visione dello sport professionistico, senza che questo voglia comportare l'annullamento dei valori sportivi. Quello americano è un modello che prevede e pretende che per avere un buon campionato si devono cercare i migliori equilibri possibili. Si deve dunque cercare di collocare i club nelle città più giuste e poiché le città non hanno tutte la stessa dimensione e le stesse potenzialità bisognava trovare un aggiustamento. Gli americani lo hanno trovato nella distribuzione delle risorse televisive per cui - è un esempio che cito spesso ma non ne ho trovato uno migliore - una città di 85 mila abitanti (Green Bay) può competere con New York. Lo sbarramento tra i due sistemi (diritti televisivi a parte) è rappresentato dal gioco malefico delle promozioni e delle retrocessioni, tra il numero chiuso delle Leghe americane, dove se arrivi ultimo non è successo nulla, e quello «aperto» usato in Europa per cui può capitare che in tre stagioni (è successo con due club, il Bari e la Lucchese) dalla serie A finisci in serie D. Il problema sollevato da Carraro nella sua intervista mi fa sospettare che da una parte si vorrebbe rimanere fedeli al sistema meritocratico ma che se appena la realtà ce ne offre la possibilità sarebbe meglio ricorrere a valutazioni extrasportive. Purtroppo credo che il sistema misto, in un certo senso prospettato da Carraro, (usare insomma i ripescaggi per aggiustare le cose e rimediare ai danni) sia addirittura peggiore di entrambi quelli cui ho fatto riferimento, anche perché in un paese come il nostro dove il sospetto è materia prima interventi discrezionali solleverebbero polemiche infinite. Credo che si debba scegliere e credo anche che noi (italiani ed europei) non siamo maturi per un sistema più razionale e pratico. Continueremo ad avere l'Empoli o il Chievo in serie A, il Napoli o il Torino in serie B ma soprattutto non faremo nulla per cercare di ridurre le differenze economiche che impediscono che i nostri campionati siano più equilibrati.

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