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Deauville, il paese dei balocchi dai lord inglesi agli sceicchi russi

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È un adagio femminista post-moderno di grande successo. Ma i ragazzacci, quelli, dove vanno? Ci arroghiamo l'onore e l'ònere di rispondere: «A Deauville. Tutti gli anni, nel mese d'agosto». Superficie: 357 ettari; abitanti 4520; posti-barca 1250 (2 porti); casinò (2); ippodromi (2). Situata sulla costa normanna, nel Calvados, Deauville è una sorta di Las Vegas adattata ai più raffinati gusti europei. Una volta, Gianni Agnelli, incontrando da quelle parti un mio amico, gli disse: «Vedo che lei ama le rose della vita». Le rose di Deauville sono infatti tra le più care al mondo. Non bastassero i casinò e gli ippodromi, a rendere folli le spese di sopravvivenza intervengono gli alberghi, i ristoranti, le boutiques: tutti al massimo livello e prezzo. Un posto da cicale. Tanto per capirci, un Paese dei Balocchi. Deauville, città d'acqua, nasce nel 1859, da una capricciosa invenzione del duca di Morny, fratellastro di Napoleone III, per via della madre Hortense de Beauharnais. Carlo Augusto Luigi Giuseppe, il futuro duca (per benevolenza fraterna) era ricco di nomi, ma scarseggiava in cognomi. Era infatti il risultato di un peccatuccio dell'ex regina d'Olanda, nuora del grande Bonaparte. L'idea iniziale era: facciamo una città-giocattolo per inglesi ricchi, desiderosi di svago e di sole. Be', quanto al sole, non è che vi abbondi, ma a confronto di quella inglese di Brighton, la Cote Fleurie risulta una colonia elioterapica. Il duca-fratellastro, che veniva dall'aver ispirato e sollecitato la disastrosa spedizione francese in Messico, con l'iniziativa normanna ebbe modo di rifarsi. Grazie a Deauville è passato alla storia. In segno di riconoscenza, l'ippodromo della Touque, gl'intitola il Prix Morny, vero campionato del mondo in pista dritta per galoppatori di due anni. Mette conto di ricordare che al di là del ponte sul fiume della Touque sorge Trouville, altra città altra storia. Nei casi migliori, dignitoso ripiego. Quand'era ricco, il citato amico delle rose e dell'Avvocato, scendeva puntualmente al Normandie. Finiti i soldi, si trasferiva al modesto Continental. Perché da Deauville non si scappa: c'è un'aria da far resuscitare i morti! Penso a un film, «Un uomo, una donna», di Claude Lelouch, un bel fotoromanzo che ebbe però all'epoca uno straripante successo. A quel film dobbiamo la svolta della vocazione e del costume dovillese avutasi nell'ultimo quarantennio. Sta di fatto che il Paese dei Balocchi dei lords e dei magnati yankees si è progressivamente trasformato in una Mecca per famigliole in vacanza. I cavalli e le «fiches» continuano a correre, ma il livello s'è certamente abbassato. La fortuna (in ogni senso) di Deauville ha comunque un nome, quello di Eugène Cornuché, l'inventore del ristorante Maxim's, a Parigi. Sul finire della guerra 1915-18, Cornuché bisticcia col sindaco di Trouville e decide d'andare a fondare un casinò di là dal fiume, in riva al mare. È il decollo: in vent'anni Deauville, mettendo insieme corse e aste di cavalli, roulette e baccarà, tocca i massimi. Per taluni (comprensibili) versi, la perla della Cote Fleurie somiglia a Montecarlo. Meno sole, più ritempranti frescure. In più il Principato ha il principe, le principesse e i riccastri milanesi. Deauville, ha i cavalli, e non è poco. Per il resto, il clima e le spese son gli stessi. Cornuché, ovviamente non c'è più, ma ci sono gli eredi di Lucien Barrière. Oggi a Deauville, tutto s'intitola al Grande Lucien: dal lungomare principale, ai palaces, dai gran premi ippici al Torneo di Golf, al Casinò. Tanto per dare un'idea, Deauville ha un prodotto annuo lordo di 57 milioni di euro, il 5° di Francia: tutto passa per le mani della Famiglia Barrière. La quale organizza e finanzia, a lumi agostani spenti, il Festival del Cinema Americano. Il gioco vale la candela. Et pour cause…

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