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È Ivan Basso il futuro della corsa francese

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di certo quel che resta di questo Tour de France, dal nostro italico punto di vista, è principalmente il secondo posto di Ivan Basso. Un piazzamento d'onore nel vero senso della parola, che prosegue la serie positiva del varesino, iniziata con l'undicesimo posto del 2002, proseguita col settimo del 2003, impreziosita dal terzo del 2004, ed ora confermata a livelli d'eccellenza. Anche Armstrong si è accorto di quanto sia forte il nostro Ivan, forse perché quest'anno per la prima volta ha assaggiato i suoi attacchi. Il timido Basso dell'anno scorso non c'è più, sostituito da un campione fatto e finito, che ha una fiducia enormemente maggiore nei propri mezzi (in questo è stato bravissimo Riis, il suo direttore sportivo), che quando decide di attaccare attacca, senza timori reverenziali. Gli manca la sparata, gli manca la rasoiata secca in salita, ma quella non tutti ce l'hanno, è un dono di natura che non si può inventare. Si può, invece, lavorare diversamente su se stessi, cercare di migliorarsi il più possibile, e questo ha fatto Basso, ha fatto di sé un corridore capace di andare forte anche a cronometro, e di andare come nessuno in salita. Quando Ivan accelerava, spesso solo Armstrong, con gran fatica, riusciva a tenergli la ruota. Tutto ciò, dopo aver dimostrato che non è vero che non si possono correre due grandi giri ad alto livello in una stessa stagione. Questa convinzione figlia del modo di fare degli Armstrong (e degli Ullrich, e di tanti altri pecoroni che sono andati appresso a questa moda) viene oggi semplicemente smentita. Basso ha disputato un Tour colossale, dopo aver detto la sua anche al Giro, laddove ha portato la maglia rosa per due giorni e ha conquistato due tappe. Il segnale è forte: essere competitivi anche di fronte agli iperspecialisti moderni si può. Si deve.Ma.G.

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