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L'ultimo sprint di Supermario

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Sapere che quello che per il resto del gruppo è un prologo, per te è invece già un epilogo. Indossare un casco aerodinamico, di quelli che quando iniziasti la tua carriera dovevano essere ancora inventati; attaccare gli scarpini sui pedali, e ricordare di quando i piedi si infilavano nelle gabbiette, e all'avvicinarsi della volata dovevi stringere la cinghietta per rendere impossibile la perdita dell'aggancio (se cadevi, però, così saldato alla bici, dovevi raccomandare l'anima a qualche santo); smanettare sul cambio, che oggi è sul manubrio ma allora era sul telaio, e per variare il rapporto dovevi fare l'equilibrista. Buttarti giù dalla rampa e regalarti al piacere dell'abbraccio della folla, che è lì per te, ancora una volta, come in centinaia di altre tappe di questo Giro che ti ha fatto campione, che ti è rimasto tatuato nell'anima, che non era dato senza la presenza di Mario Cipollini, così come Mario Cipollini (ieri in tuta rosa fosforescente con disegnate sopra vene e arterie) non era pensabile senza il suo Giro. Correre, non importa se piano, sospeso per un attimo che vorresti immortalare e prolungare il più possibile; o se a perdifiato, fingendo di essere ancora un professionista, ciò che non sei più da 11 giorni, da quando hai annunciato a tutti che basta, che non è più il caso di affannarsi alla ricerca del tempo perduto, noi siamo uomini e tutt'al più ciclisti, e se ci nominano Proust pensiamo più all'automobilismo che ad altro, siamo fatti di carne e concretezze. Chissà se 1150 metri di pellicola bastano per un film: ogni 150 metri, due anni di carriera. Sin dai primi fotogrammi il tuo road-movie parlerebbe di vittorie al Giro. Ai 300 metri hai messo in carniere già due Gand-Wevelgem, ai 400 ti amano anche al Tour, ai 600 ti sei vestito con la maglia tricolore, e dopo aver superato i 1000 metri hai vinto finalmente la tua Sanremo, e poi il Mondiale, e poi hai pure superato il record di Binda, che aveva vinto 41 tappe al Giro, e tu 42. Eccolo lì, il traguardo, il pubblico ti osanna una volta di più, l'organizzazione ha dimostrato di avere un cuore e di non essere solo cronotabelle e distintivo, ti ha messo a disposizione il Giro per il più degno addio che potessi sognare. O forse sei tu che ti sei concesso alla corsa rosa, ti sei posto al suo servizio, per questa cerimonia che non è solo il saluto a un grande, ma è anche un po' un cerchio che si chiude insieme a un'epoca. M. Gra.

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