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di RINO TOMMASI LA tradizione ha un ruolo importante, anche nello sport.

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Purtroppo la crisi di vocazioni, aggravata da una confusione organizzativa e strutturale che non ha uguali nel mondo dello sport (il pugilato è l'unica disciplina che non ha «e non vuole avere» una Federazione Internazionale universalmente riconosciuta) ha spazzato via, insieme a tante altre cose, quella tradizione. In Italia il Santo Stefano pugilistico ha patito la mancata uscita dei quotidiani per due giorni (25 e 26 dicembre) ed i giornali sono sempre stati importanti per lanciare e sostenere un evento sportivo. Detto questo l'idea di proporre una riunione al Palazzetto dello Sport di Viale Tiziano la scorsa settimana è stata coraggiosa e meritevole. Tra l'altro la risposta del pubblico, anche se inferiore ai dati rilasciati dall'organizzazione, è stata incoraggiante. Ho letto di 3 mila paganti ma vi assicuro che nell'impianto di Viale Tiziano tremila persone non ci stanno in nessun modo. Per un leggendario Rinaldi-Amonti (8 marzo 1960) ho venduto 2700 biglietti ed era rimasta gente fuori, l'altra sera l'anello superiore del Palazzetto (che da solo tiene 900 spettatori) era rimasto vuoto. Ma sono dettagli. Il colpo d'occhio era buono il che vuol dire che Davide Boccioni, l'organizzatore, aveva fatto un buon lavoro. Purtroppo il prodotto, vale a dire la qualità dello spettacolo, è stata molto inferiore alle attese. Due dei tre campionati del mondo annunciati dal programma ufficiale non avrebbero mai dovuto essere autorizzati. Due pugili della Tanzania, non si sa bene da dove prelevati, non erano all'altezza non dico di un campionato qualsiasi, ma di un incontro preliminare. Il miglior pugile della serata, l'ex campione francese Kaja, ha avuto in pasto l'italiano Emiliano Salvini, che in tempi normali sarebbe stato un onesto seconda serie. Altro che campionato del Mediterraneo ! Il problema delle sigle sta sfiorando il grottesco. Quando le palestre erano piene (anni sessanta) c'erano otto categorie di peso ed otto campioni del mondo. Oggi, che le palestre sono semivuote e frequentate più da culturisti che da pugili, ci sono 17 categorie di peso e 4 o 5 campioni per ciascuna di esse. Ovvio che si sono campioni del mondo che non sono campioni. Non bastasse questo si sta allargando l'abitudine di volere ad ogni costo dare un'etichetta ad incontri che meriterebbero appena le sei riprese non certo le dodici che molti pugili non hanno le qualità tecniche ed atletiche per sostenerle. Campionati intercontinentali, mondiali junior, sottotitoli di ogni tipo. Le federazioni, quella italiana ma anche e soprattutto quelle internazionali, autorizzano tutto. Davide Boccioni, che ha molta passione, è stato così gentile di spiegarmi le difficoltà che ha dovuto affrontare. Pugili che sono venuti a mancare all'ultimo momento ed altro. Conosco il problema per averlo sperimentato in tempi oggettivamente più favorevoli ma ci sono situazioni nelle quali è meglio cancellare una riunione piuttosto che offrirne una senza le minime garanzie tecniche. Se il procuratore di Salvini vuole dare al suo pugile un'opportunità mondiale bisogna spiegargli che ha sbagliato sport. In quanto alla Federazione, faccia attenzione. Non conceda autorizzazioni per incontri squilibrati, tanto meno consenta di applicare etichette che possono ingannare il pubblico e gli stessi organizzatori.

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