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Il giovane portiere Curci prenota un futuro da titolare in giallorosso

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Sogno di parare un rigore al derby

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Dal lato di chi, agli attaccanti, spera sempre di incutere un po' di timore. Gianluca Curci, romano classe '85, è nato lo stesso giorno di Antonio Cassano: il 12 luglio, tre anni dopo. A Trigoria di lui si dice un gran bene, ha già questa etichetta addosso e di sicuro non gli dispiace. «Dicono che sono bravo? Meno male». Almeno parte con un vantaggio, una reputazione che comunque deve mantenere. E contro il Parma, nel suo esordio in campionato, ha fatto di tutto per riuscirci. «Quando ho parato il tiro di Morfeo ho pensato: oggi non prendo gol. Poi invece è arrivato subito. Un episodio da cui imparare molto». Ha solo diciannove anni, ma nessun timore di alzare la voce con la difesa dei «big» della prima squadra. «Paura? Quella non c'è mai, non sono uno che si spaventa. Il mestiere del portiere è anche questo, che davanti a me ci sia un giocatore di 17 anni o di 30 è un mio dovere parlare con la difesa». Gianluca, che ha il soprannome di Panda (ma dice «Senza un motivo particolare»), non è presuntuoso. Solo consapevole di avere i mezzi per fare bene. Gli stessi che lo fanno sognare. «Mi piacerebbe giocare il derby e magari anche fare la parata decisiva alla fine». Prima l'esordio con la prima squadra in Coppa Italia con il Siena, poi le partite in Primavera. Poi, domenica scorsa Del Neri lo avvisa: preparati, tocca a te. «L'ho saputo la mattina della partita. All'inizio ero teso, durante il riscaldamento in campo. Poi mi sono sciolto». Lavora molto con Filippi, sulla tecnica, dopo aver passato quattro anni con Tancredi. «L'ho sentito prima della partita con la Juventus, mi ha detto che è andato via per necessità. Certo da Roma nessuno lo avrebbe mai mandato via». E proprio contro la primavera dei bianconeri, mercoledì, i ragazzi di De Rossi sono usciti dalla Coppa Italia. Dopo un pareggio per uno a uno: «Ho sbagliato io sul gol». In uscita, come il gol preso con il Parma. Difetti? «Tutti e nessuno». Pregi? «Provo sempre ad uscire, non ho paura e non mi tiro mai indietro». E ancora: «Il ruolo del portiere è uno sport all'interno del calcio. Fai tutto da solo, ti alleni e stai in porta. Magari fermo per 90 minuti, poi devi fare la parata della vita». Poi, come tutti i giovani, ha un idolo: «Buffon, è il più forte e sogno di fare la sua carriera. Ma mi piace anche De Sanctis. Dida? Lui è più istintivo e meno tecnico». Alla fine, la rivelazione: «Io facevo l'attaccante. Poi un giorno mio fratello, Emiliano, mi ha detto: sei cicciotto e basso, mettiti in porta. E ho cominciato a buttarmi a destra e sinistra, mi piaceva. Ero in una scuola calcio satellite della Roma, mi hanno visto e mi hanno portato a Trigoria». Si invertono le parti, il giovane parla del più «anziano», Pelizzoli: «Non è affatto scarso. Solo che gli sta succedendo quello che è successo ad Antonioli, quando ti prendono di mira tutto diventa difficile. Ma l'anno scorso ha fatto un gran campionato».

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