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di MARCO GRASSI UNA TAPPA memorabile ha illuminato un Giro d'Italia finora forse troppo trattenuto.

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Infatti Gibo ha attaccato il suo compagno di squadra in maglia rosa, dopo averlo già subissato di insulti dopo l'arrivo del giorno prima. Simoni ha aspettato che si muovesse Garzelli, e, al contrario di quanto fatto venerdì sul Gavia, gli si è accodato. Ai due si è aggiunto il tignoso sloveno Valjavec, a formare un terzetto che sarebbe rimasto per chilometri e chilometri allo scoperto. Il momento decisivo è stato a metà del Mortirolo: la salita dedicata alla memoria di Marco Pantani, che qui si consacrò campione, è stata sommersa dall'affetto di migliaia di tifosi giunti a celebrare il Giro e lo sfortunato campione scomparso in febbraio. E proprio lì Garzelli, non estraneo all'idea di dare un suo personale contributo al clima di festa, è partito con un allungo deciso. Simoni non ha perso il treno. Si è messo alle costole del suo rivale preferito, ma la sua non era un'azione di controllo. Perché il trentino ha subito iniziato a collaborare, e addirittura è scattato a sua volta, forse per saggiare la reazione dei suoi compagni nel gruppo. Loro, i Saeco, tutti intorno a Cunego, non si sono mossi. Simoni ha rallentato, ha fatto rientrare su di lui Garzelli, e da quel momento l'azione è lievitata. I due, sempre con la presenza di Valjavec alle calcagna, hanno guadagnato oltre un minuto e mezzo. Il gruppo era tirato dalla De Nardi, impegnata a difendere il secondo posto di Honchar in classifica. Cunego, tranquillo in maniera quasi ostentata, non si è mai scomposto. Il suo ex capitano si dannava l'anima per intravedere almeno la possibilità di avvicinare il giovane veronese e la sua ambitissima maglia rosa, ma Damiano, scortato impeccabilmente dal solito Mazzoleni, ha perfino salvato le apparenze: non si è mai messo a tirare per inseguire Simoni, pur potendo essere legittimato a farlo dal fatto di essere stato in qualche modo tradito dal coequipier. No, Cunego, con stile, ha lasciato che fossero gli altri a fare il lavoro sporco, a limare il margine dai fuggitivi. E bisogna però dire che non ha faticato a trovare alleati: sarà che aveva ragione Flaiano (ci si affanna sempre a correre in soccorso dei vincitori), fatto sta che prima, come detto, sono stati i De Nardi a non far prendere il largo a Garzelli e Simoni; poi, nella discesa dal Vivione (la seconda montagna della giornata), Popovych si è lanciato a rotta di collo (e Cunego sempre alla sua ruota) sulla stradina stretta e piena di curve che portava a valle, recuperando quasi un minuto sui primi; infine, sull'ultima salita del Giro, la Presolana, sono intervenuti i Fassa Bortolo a dare una bella mano a Damiano, che si è accodato a Cioni, scattato a metà salita, ed ha così tenuto un ritmo regolare, che gli ha permesso di cristallizzare la situazione, ormai palesemente a lui favorevole. Simoni, una volta appurato che per la vittoria nel Giro non c'era più niente da fare, si è buttato sul secondo posto: si è consumato tirando per guadagnare quanto più possibile su Honchar, e così facendo ha lasciato a Garzelli l'onore della vittoria di tappa; ma nonostante ciò, Gibo non è riuscito nel suo intento, e per appena 3" gli è sfuggita la piazza d'onore. Oggi il Giro vivrà la passerella finale a Milano. La tappa è pianeggiante, ci sarà spazio per rivedere il grande Petacchi alla ricerca del suo nono sprint vincente.

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