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di FRANCO BOVAIO DOPO la Coppa Uefa vinta nel 2003, la Champions League di quest'anno.

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Sulle rive dell'Atlantico Mourinho ha costruito tassello per tassello la squadra che ieri sera è diventata la migliore del Continente per la seconda volta nella sua storia. Un biglietto da visita eccezionale per il Paese che tra poco ospiterà gli Europei, del quale oggi il Porto è la massima espressione calcistica. Chissà se riuscirà a restarlo anche dopo l'addio di Mourinho. Comunque vada la sua squadra resterà nella storia del calcio portoghese, proprio come il Benfica di Eusebio due volte Campione d'Europa nel '61 e nel '62 e quel Porto che lo precedette sul podio nel 1987 a Vienna, dove sconfisse un altro Monaco, il Bayern, con il tacco dell'algerino Madjer e il gol del brasiliano Juary. Nel calcio spettacolo dei giorni nostri la finale di per sé non basta e così gli organizzatori la fanno precedere da una cerimonia un po' kitch che prevede in campo grandi tamburi, acrobati e ballerine. Ne potevamo fare tranquillamente a meno. Intanto in tribuna d'onore si accomoda la famiglia Ranieri, arrivata in Germania quasi compatta (manca solo Stephanie) con tanto di sciarpa del loro Monaco al collo. Non si divertiranno un gran che. Nel primo tempo la partita è brutta e tatticamente bloccata dalla paura di perdere delle due squadre e così il gol con cui Carlos Alberto consente al Porto di andare al riposo sull'1-0 è un fulmine a ciel sereno. Uno splendido tiro al volo in mischia che è anche l'unico vero lampo dei primi 45', in cui da segnalare c'è solo un'incursione di Morientes fermata dall'uscita a valanga di Vitor Baia al 3' e l'infortunio di Giuly che al 23' priva Deschamps di uno dei suoi uomini migliori. Episodio, questo, che peserà in maniera decisiva sulle sorti del match, sul quale il croato Prso non riuscirà ad incidere come forse avrebbe fatto Giuly. Nella ripresa il Porto sfrutta il vantaggio cercando di irretire il Monaco col suo gioco fatto di passaggetti. In parte ci riesce, in parte no, anche perché dopo il quarto d'ora il Monaco cresce e alza il ritmo. A fermarlo per due volte, però, è l'assistente Jepsen, che segnala due fuorigioco assolutamente inesistenti. Proprio il ricorso ripetuto all'off-side alto è una delle tattiche adottate dal Porto, che non gioca bene ed è al di sotto del suo rendimento abituale. Ma il Monaco non ne approfitta e il suo sogno svanisce al 26', quando viene punito da Deco, fino a quel momento uno dei peggiori in campo. Così è il calcio. Il Monaco crolla e il Porto fa tre con Alenitchev (sì proprio l'ex romanista), lasciato solissimo dai difensori francesi. Si chiude col vecchio Jorge Costa che alza la Coppa più ambita e la gioia sfrenata dei circa trentamila portoghesi arrivati a Gelsenkirchen con ogni mezzo.

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