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Kakà, campione e «operaio»

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«Dedico lo scudetto a Dio. Ho vinto perché mi sono adattato a un gioco faticoso»

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Dedico lo scudetto a Dio, alla mia famiglia, ai miei amici». Kakà esprime dai microfoni tutta la sua gioia per la conquista del tricolore. «In Brasile - dice ancora - guardavo sempre in tv il calcio italiano, non solo le partite del Milan, e sapevo che era diverso e che qui avrei dovuto adattarmi a un tipo di gioco diverso. Ci sono riuscito, e questo è stato il segreto del mio rapido inserimento: ho avuto successo perchè quando sono arrivato sapevo ciò che mi aspettava, che qui il calcio era molto diverso» «Qui un giocatore come me - conclude Kakà - deve rientrare molto, e il gioco è più difficile, e anche faticoso. Infatti in queste ultime partite mi sento molto stanco». Pensare che, al suo arrivo in Italia, si iniziò subito a pensare dove potesse andare in prestito a gennaio. D'altronde, in una squadra con Rivaldo e Rui Costa, un giovane di 21 anni doveva trovare ben poco spazio. Invece, Ricardo Izecson dos Santos Leite detto Kakà ha mandato Rivaldo prima in tribuna e poi a casa e Rui Costa in panchina. «Perché ci siamo accorti subito che era un fuoriclasse», spiega Carlo Ancelotti, fra i primi a iniziare il gioco dei paragoni. Prima pensava fosse simile a Cerezo, poi è passato a nomi più impegnativi: «Kakà assomiglia a Platini». «Per certe caratteristiche ricorda Matthaeus», disse poi Trapattoni. Il suo modello, in realtà, è Rai, ma a chi importa? Di certo, c'è che Kakà è stato l'acquisto più azzeccato del Milan da quando arrivò Shevchenko dalla Dinamo Kiev. In tanti ci avevano messo gli occhi sopra: dal Brescia, il primo a fare un offerta seria, fino a Gheddafi jr. che disse a Gaucci: «Te lo compro io». Altri invece ci credevano poco: quando gli parlarono di lui, Cragnotti non sapeva neanche chi fosse mentre Moggi fece solo dell'ironia sul suo nome. Per la modica cifra di 7.3 milioni di euro, se lo è portato a casa Adriano Galliani grazie ai suggerimenti giusti di Leonardo, che ha giocato assieme a lui nel San Paolo. E dopo una stagione vissuta a 21 anni con le redini del Milan in mano, è arrivata la sentenza definitiva di re Pelè: «È il migliore giocatore brasiliano», con buona pace di Ronaldo e Ronaldinho. Con la sua faccia da bravo ragazzo e gli occhialini da liceale, il giovanotto di ottima famiglia, membro di una setta protestante evangelica è diventato il giocatore più divertente del campionato. Lo sa bene l'Inter, a cui ha segnato il suo primo gol, lo sa bene l'Empoli, battuto da una sua sassata da 30 metri, lo sanno bene tutte le pretendenti allo scudetto, quando lo hanno visto incornare la rete decisiva della stagione a Siena. «I suoi occhi sprizzano bollicine di intelligenza», ha detto recentemente Berlusconi. Seguendo sempre i consigli di papà Bosco, stabilitosi a Milano con la moglie Simone e l'altro figlio Rodrigo detto Digao che si allena con le giovanili rossonere, ha messo in rete 10 palloni in campionato apponendo la sua firma sulla cavalcata vincente del Milan. Scudetto al primo anno: niente male per un ragazzo che ha compiuto 22 anni il 22 aprile, alla sua prima esperienza lontano da casa.

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