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di MARCO GALDI SAKHIR (BARHAIN) — Non è uomo dal complimento facile, Jean Todt.

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Non mi aspettavo una gara così». Se dopo gli anni della sofferenza la Ferrari è tornata sè stessa è stato anche perchè il francese non si accontenta mai. È stato lui a farle attraversare il deserto di vittorie. Quando Luca di Montezemolo lo chiamò a Maranello, il mondiale piloti mancava dal 1979 di Jody Scheckter. Giusto l'acuto del mondiale sfiorato da Prost nel '90, poi due gp vinti in cinque anni. Nel '96 Todt volle Michael Schumacher e già quell'anno la Rossa tornò a vincere 3 gare. E nel '97 perse il mondiale a venti giri dalla fine. E perse ancora nel '98 e nel '99: sempre all'ultima corsa. Ma la Ferrari stava lì, a lavorare. Per costruire l'era vincente: cinque titoli costruttori consecutivi, quattro mondiali piloti con Schumi. E continua a crescere: imbattibile nel deserto così come sulle strade di Melbourne e nella giungla equatoriale di Sepang. Mentre le McLaren una volta invincibile facevano peggio della Minardi. In Williams hanno ammesso, con tocco di classe: «Le Ferrari hanno fatto ancora una volta corsa a parte». «Quando siamo arrivati in Bahrain - dice Todt dopo il tre-su-tre di Schumi - sapevamo che non c'erano le condizioni migliori per noi. Ma quello che è successo ha dell'incredibile: dobbiamo ammettere che abbiamo dominato. E quello che facciamo dall'inizio della stagione è unico: 51 punti sui 54 possibili in classifica costruttori. Questo dimostra il livello della Ferrari e dei nostri partner dopo tre gare». Tra i partner il gommista merita una citazione speciale: «La Bridgestone ci ha fornito pneumatici eccezionali». Ma è alla Fiat che va un grazie particolare: «Questo non è stato solo un successo della mitica Ferrari, ma di un gruppo italiano di livello mondiale. La Ferrari fa parte del gruppo Fiat. È tramite la Ferrari che la Fiat si misura nel mondo dell'auto». È il giorno dell'orgoglio. Ma anche dello sguardo al passato. Perchè le vittorie a ripetizione arrivano mentre gli avversari annaspano. Ed è difficile dire dove, come e perchè siano indietro. Di certo la Rossa è sempre davanti a tutti. «Una cosa importante è il nostro approccio - dice Todt - Quello che cerchiamo di fare è migliorare, rimanendo con i piedi per terra, umili. Le sofferenze che abbiamo conosciuto hanno lasciato una traccia profonda. Non vogliamo tornare dove eravamo. Non dobbiamo pensare che siamo dei fenomeni. Ci premia il lavoro, e il modo in cui lo facciamo». Quello del Bahrain è stato ennesimo weekend perfetto: pole position, vittoria e giro veloce per Schumi, doppietta con Barrichello che ha addirittura potuto controllare quanto distacco dare a Button (c'era una inchiesta in corso, se la giuria avesse ritenuto il brasiliano colpevole di danneggiamento avrebbe potuto infliggere dopo la gara 25" di penalità: Rubinho ha chiuso con 25"3 di vantaggio). Momenti di difficoltà? «Meglio farla agli altri questa domanda. Abbiamo fatto un errore al pit stop di Barrichello, ma anche quello è stato senza conseguenze». Nell'era della Ferrari vincente, la Rossa ha trionfato ogni volta che la formula 1 ha inaugurato un nuovo circuito. È successo a Sepang nel 1999 e Indianapolis nel 2000. Vuol dire essere i più bravi nelle simulazioni o è solo coincidenza? «Siamo più bravi, perchè sfruttiamo al meglio ogni possibilità, ogni elemento della catena». Crescono Bar e Renault, la Williams stenta e la McLaren è al tappeto. È avvicendamento? «Una è più in difficoltà dell' altra, ma hanno il livello, le capacità e i mezzi per recuperare. Abbiamo fatto solo 3 gare su 18, neppure un quinto del campionato. È presto per parlare. Ma quello che è preso è preso». Il crollo della McLaren è sconcertante, deprimerebbe anche un elefante. Ma è situazione che Todt ha conosciuto: «Al mio primo anno in Ferrari avevamo appena 14 punti a metà stagione. Poi abbiamo avuto altri anni difficili, perso mondiali all'ultima gara. Noi non abbiamo mai mollato e sono convinto che neanche i nostri avversari molleranno». Una pausa,

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