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Negli scontri ferite decine di persone. Incendiato il box dei vigilantes della Curva Sud

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Volano pezzi di travertino, petardi, bastoni, volano perfino transenne. La risposta sono i lacrimogeni, le cariche, le manganellate. Queste non sono più nemmeno scene da guerriglia urbana, no. Sono immagini che raccontano una specie di rivoluzione, preparata con cura, organizzata probabilmente dal pomeriggio, se non decisa a tavolino chissà quando, nei giorni precedenti la partita. C'è quella voce del «ragazzino investito da una macchina delle guardie», poi no, sarebbe un giovanissimo tifoso giallorosso picchiato dalla celere, poi chissà cos'altro. La smentita ufficiale non serve a nulla, il risultato è quello voluto: partita sospesa, e scontri, ancora scontri, un crescendo di violenza selvaggia e senza regole fra auto distrutte, motorini devastati, agenti feriti, ultras scatenati. Eccolo, il derby della Capitale: il derby dei teppisti. Hanno vinto loro, alla fine, sotto la curva sud e sotto la curva nord. La cronaca della battaglia racconta che, passati non più di venti minuti dalla diffusione della «notizia», almeno un paio di centinaia di tifosi da una parte e centocinquanta dall'altra si riversano sotto la curva Sud. In mezzo, come già detto, polizia e guardia di finanza, oltre alle famigliole di romani venute allo stadio nella speranza di vedere una partita, terrorizzate dalla furia devastante degli scontri e dagli incendi, ad esempio del gabiotto dei vigilantes all'interno dell'Olimpico. Piove di tutto, fra pietre e bombe carta e bottiglie ancora piene, che fanno più male; piove di tutto sugli scudi in plexiglass ma più spesso sulle gambe degli agenti. Sembra un imbuto, col fumo acre dei lacrimogeni che il vento riporta indietro, e che costringe alla fine alla carica per uscire dalla sacca che si è creata sotto la sud. Sugli altri «fronti» intanto è lo stesso, è un delirio che non accenna a placarsi. Fino a che, intorno alle 23, si arriva finalmente alla «palla», che sorge sul viale che conduce all'obelisco di Mussolini. Sembra una specie di «intifada», lì fuori dello stadio, fino a che i vari squadroni delle forze dell'ordine, polizia, carabinieri, finanzieri, si ricongiungono e affrontano la massa che si è radunata davanti a ponte Duca D'Aosta. Le cariche spingono indietro la folla, poi gli ultras si rifanno avanti urlando «assassini» e «infami», mentre qualche idiota inneggia a Nassiriya. È così, un batti e ribatti continuo; alla fine è la pavimentazione in travertino sotto l'obelisco a raccontare al meglio la furia della battaglia: è completamente frantumato, i pezzi divelti e lanciati contro le forze dell'ordine alla luce dei falò di giornali accesi in terra, che rischiarano la notte. Ma il momento peggiore deve ancora venire, è il sussulto finale della guerra stracittadina. Nel suono assordante delle sirene e delle bombe carta, la carica arriva fin sul lungotevere, dove però incredibilmente il traffico è ancora aperto e convulso come sempre. I tifosi alzano barricate con le transenne e i cassonetti, e tutti i freni sono perduti. Anzi, anche chi dovrebbe mantenere i nervi saldi - come molti colleghi del resto hanno fatto per ore sopportando dalle 17 del pomeriggio il lancio di oggetti, le provocazioni, gli insulti - alla fine perde il lume della ragione. Passa così una macchina, a bordo ci sono degli svizzeri italiani e qualcuno ha l'idea imbecille di gridare «bastardi» ai poliziotti. Un celerino parte, qualcun altro gli va dietro, e una ragazza inerme che siede nel portabagagli prende parecchie bastonate. Come lei, finisce per terra anche un cameraman della Rai che ha l'unica colpa di riprendere la scena. Il bilancio finale è davvero da guerra civile. La nota ufficiale racconta di 14 feriti, di cui 11 fra le forze di sicurezza. La realtà è diversa. I feriti e i contusi sono una cinquantina, molti fra i finanzieri, uno dei quali raggiunto da una coltellata alla coscia. Nove le persone arrestate e undici quelle denunciate; 14 i tifosi che si son fatti me

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