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di FABRIZIO MARCHETTI ENFASI biancoceleste.

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L'Olimpico è un unico vessillo, colorato d'orgoglio, quell'orgoglio che poi si riversa in centro, per le piazze, in tutta Roma. Caroselli, clacson, sciarpe: è la notte che tutti sognavano, capace di scacciare più lontano anche i problemi della società, i bilanci in rosso, le scadenze disattese. C'è solo la Lazio. Una Lazio bella e concreta, capace di assestare un doppio colpo che annichilisce la Vecchia Signora e proietta nel firmamento un'investitura a tinte forti. La vittoria dell'Olimpico porta la firma di Stefano Fiore, lui cecchino infallibile, capace di assestarsi sul trono dei bomber di Coppa e di confermarsi incubo juventino. Due gol l'anno scorso a Torino, decisivi, una rete nella gara d'andata di questa stagione, altre due perle ieri sera: l'ex centrocampista dell'Udinese vanta una corsia preferenziale nei confronti dei bianconeri. E ora è diventato un protagonista dell'ascesa della banda-Mancini verso la conquista dell'alloro nazionale. Fiore sorride, fa spallucce ma la vetrina è tutta sua. «Segnare una doppietta alla Juve ha sempre un sapore speciale. E' un caso che faccia gol con questa regolarità contro di loro, certo sono le reti più importanti perché arrivano in una finale. Nel primo tempo abbiamo incontrato qualche difficoltà, perché loro chiudevano bene gli spazi e giocavano con grande ordine. Il 2-0? Nel calcio nulla è scontato, certo si tratta di un ottimo risultato, che vogliamo onorare con una grande prestazione anche nella gara di ritorno». Il mattatore della notte di Coppa però guarda oltre. «Ora vogliamo il derby: sarà una partita speciale, difficile, ma siamo caricati e non vogliamo sbagliare». Sicuro, determinato, anche quando si tratta di un suo compagno. «Il rigore sbagliato da Cesar? Può succedere, anch'io l'anno scorso ho commesso lo stesso errore. Sul primo gol? Ho concluso di sinistro perché volevo prendere il tempo al portiere». L'altro protagonista della serata è Simone Inzaghi: il suo ingresso ha indirizzato la sfida e stravolto gli equilibri. «Siamo contenti, è una grande vittoria. Ora concentriamoci sul derby, perché sarà difficile avere ragione della Roma. Mi sento meglio, ho recuperato dall'infortunio, sono pronto a dare un contributo importante alla squadra. Il rigore? Non l'ho tirato perché non ero nella lista. D'altronde non partivo titolare, Mancini aveva fatto altre scelte. Spero di giocare il derby, ma speravo di essere titolare anche con la Juve. Vedremo, l'importante è vincere». Sereni invece si rimira, narciso, in quella respinta decisiva sul colpo a botta sicura di Marco Di Vaio. «Ero concentratissimo, ho vissuto una serata memorabile. Siamo stati bravi a non demoralizzarci dopo il tiro dal dischetto sbagliato. Tra due mesi sarà un'altra storia, un'altra partita e noi vogliamo essere protagonisti. Fino alla fine». La gioia della squadra si specchia nei sorrisi della società. Il diggì De Mita predica prudenza, con un laconico «non abbiamo le mani sulla Coppa», il presidente Longo lo contraddice e vede il traguardo a un passo. «Abbiamo una mano sul trofeo». Punti di vista, questione d'euforia. La Lazio però mette tutti d'accordo. E vola verso l'obiettivo con un Fiore all'occhiello.

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