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Addio Charles gigante buono, orgoglio gallese e cuore bianconero

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Ma anche una persona che mai aveva trovato un solo accento ostile, in campo e fuori. John Charles non ha resistito al colpo vigliacco del destino, arrivato proprio qualche giorno fa, in occasione di un suo viaggio a Milano per una trasmissione televisiva. Un ritorno in Italia, di quelli così frequenti per uno che al nostro Paese aveva dedicato eterno amore. Veniva dal Galles, terra di orgogliosi guerrieri, di tradizioni che le antiche persecuzioni inglesi non erano mai riuscite a fiaccare. Il suo approdo, la Juventus degli ultimi Anni Cinquanta : gigante dell'area, con al fianco il genio di Giampiero Boniperti e di Omar Sivori, avrebbe lasciato una traccia profonda nella storia bianconera, con cinque stagioni benedette da tre titoli nazionali, nel '58, nel '60, nel '61. In quei tre campionati, il gigante buono avrebbe testimoniato, con cento presenze sulle complessive 102 partite in programma, la sua tempra incredibile, segnando valanghe di gol, facendosi puntualmente applaudire da protagonista, e non soltanto dal tifo bianconero. Non un'ammonizione, non una squalifica, non un solo avversario che lo avesse affrontato con un minimo di astio, per quanto avesse dovuto subire in un confronto tecnico e atletico improponibile. Del Charles bianconero rimane vivida nella memoria di chi quei momenti ha avuto la fortuna di vivere, un episodio capitato al Comunale di Firenze, forse nella primavera del '68 (ma vado a memoria). Un cross basso dalla sinistra verso la porta dei viola, un volo in tuffo di John Charles, preceduto di un soffio, nel contatto con il pallone, dalle dita di Giuliano Sarti. Morale, uno schianto terrificante, l'impatto tra la zucca dell'attaccante e il palo, Charles inanimato, Sarti con le mani nei capelli, incapace di guardare verso il rivale a terra. Il tutto per non più di un minuto: il tempo di rialzarsi, di massaggiarsi blandamente la fronte, rassicurare tutti, e Charles di nuovo al suo posto, un eroe invulnerabile senza neanche il problemino del tallone. Un solo anno nella Roma, quinta in campionato con i suoi Angelillo, Cudicini, Lojacono, Manfredini, Menichelli, Orlando, Guarnecci, De Sisti. Per lui, dieci presenze e quattro gol in campionato, un quinto posto. Ricordo una splendida rete in Coppa delle Fiere, a Saragozza: la finta a eludere il portiere senza toccare il pallone, da fuoriclasse vero. In quella serata, uno dei suoi pochi mugugni: diretto a Foni, l'allenatore, che aveva negato la libera uscita a partita finita. Ma lui sapeva soltanto sorridere, e così lo ricorderemo. Ci mancherai.

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