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L'Italia ovale sogna l'impresa

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Ma anche due tempi favolosi con l'Inghilterra, in occasione di due (alla fine sonore) sconfitte nel tempio di Twickenham: il primo tempo del match del 2001 (terminato 33-23 per gli inglesi, che alla mezzora perdevano per 17-20 e avevano subito due mete) e il secondo dell'incontro del 2003 (chiuso 7-5 per i bianchi, dopo il 33-0 del riposo). Anche oggi al Flaminio (diretta La7 ore 16,00), nel quinto scontro diretto, all'avvio del prestigioso torneo, il problema per gli azzurri sarà la tenuta. Per quanto tempo riusciranno a giocare allo stesso livello degli avversari? Se fosse possibile dosare le forze, il divario fra gli italiani e gli ospiti non arriverebbe a cifre umilianti, come successe proprio nel febbraio del 2001 (il match finì infatti 80-23 per l'Inghilterra, venuta a capo della resistenza azzurra dopo il riposo). Insomma, il motto è resistere, resistere, resistere. Ma nel rugby non è possibile dosare gli sforzi. Guai aspettare l'avversario. Si rischia di venire travolti. Immaginarsi, quindi, cosa significhi arginare la squadra campione del mondo e dominatrice del torneo delle Sei Nazioni, che l'anno scorso vinse senza subire sconfitte. Una squadra che, come ha chiaramente spiegato il suo allenatore, Clive Woodward, arriva a Roma senza la minima intenzione turistica, decisa a non fare regali a un'avversaria della quale non si fida e che rispetta per i progressi che va palesando mano a mano che approfondisce le sue frequentazioni col rugby di alto livello. Che cosa abbia escogitato il neozelandese John Kirwan per arrestare la valanga in maglia bianca (ingentilita dalla rosa) non è dato sapere. L'ex All Black ha tardato più del solito ad annunciare la formazione cui si sarebbe affidato, quasi volesse fare una sorpresa al suo dirimpettaio d'oltre Manica, ma non poteva spremere di più dalle forze che gli mette a disposizione il campionato del Super10, oppure quello francese in cui gioca qualche azzurro. Tanto che, dalla variegata legione straniera - fra oriundi ed equiparati - ha estratto la coppia neozelandese Wakarua-Griffen cui affidare l'apertura, che rimane orfana dell'impareggiabile Dominguez, e la mischia, che era dell'infortunato capitan Troncon. Un azzardo, lo definirebbe sicuramente Clive Woodward, il tecnico dell'Inghilterra, che ha scelto nello stesso reparto di privilegiare l'esperienza (con il 32.nne Grayson nella maglia di Wilkinson, l'eroe di Sydney). Ma a Kirwan l'azzardo piace, basta ricordare quel che disse il giorno dell'investitura, quando sostituì il suo connazionale Johnstone: «Voglio vincere il Sei Nazioni nel giro di cinque anni». E lo ha ripetuto anche in questi giorni, nonostante l'avvicinarsi del gigante inglese. Ora, è vero che per mantenere la promessa ha tempo tre anni, però intanto deve dimostrare che i suoi non sono sogni, cercando di battere i campioni del mondo. Ma l'audacia dell'ex All Black si rispecchia anche nella decisione di affidare per il delicato match di oggi il ruolo di estremo ad Andrea Masi, che ha appena dieci presenze in nazionale, ma mai nessuna nella delicata posizione che ricoprirà oggi. Guai a fare un errore, con certi avversari si pagherebbe caro. E oggi care potrebbero costare anche l'assenza dell'infortunato Mauro Bergamasco, e la panchina di suo fratello Mirco, peraltro in non perfette condizioni fisiche, o dell'esperto Checchinato (recordman di presenze azzurre: 80). Resistere, resistere, resistere: se dunque questa è l'aria che si respira da fuori, lo spirito degli azzurri appare più sfacciato. Nonostante i rischi, la nazionale di Kirwan è intenzionata a non rinunciare a fare il proprio gioco, e a tirare fuori l'imprevedibilità delle offensive per cercare una davvero improbabile impresa. Intanto ieri la Francia ha steso l'Irlanda nel match d'apertura del torneo. A Parigi i padroni di casa hanno messo a segno quattro mete (con

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