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Cori, applausi e lacrime È la Lazio della gente

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Erano lì, riuniti in nome d'un ideale più forte di tutto. La gente, i tifosi, si sono stretti intorno alla Lazio. E la Lazio continua a respirare grazie al loro intrepido affetto. L'affetto di chi s'è regalato un sabato accanto a un valore che è uno stile di vita. Tifoso e azionista. Passione e fedeltà. L'anima della società, il sostegno vitale per la public company che frammenta certezze sul mercato e capitale sociale sparso chissà in quante mani. La società li ha chiamati a raccolta, loro non hanno tradito. Guidati dall'Irriducibile Curva Nord, sventolando vessilli e bandiere, cantando i propri inni. «È per lei che amiamo ed è per lei che combatteremo», il cubitale pieno d'enfasi, poi ancora «se la Lazio fallirà bruceremo la città», riferimenti ostili contro Capitalia e contro «le collette», e infine l'orgoglioso «c'è poco da dire...una ragione di vita non può scomparire», che è un po' il manifesto d'un passione senza confini. «Non siamo né Parmalat, né Cirio, siamo la Lazio...e a lor signori diciamo che il popolo è sovrano». Il Warner Village ai piedi d'una marea biancoceleste, arrivata per ribadire che la Lazio «è la storia» e la storia non si tocca. E in assemblea c'è chi addirittura chi si commuove: è Eugenio Lionetto, 24 anni, professione meccanico. Ha investito i suoi risparmi, pochi, nella Lazio. Piange e sussurra: «non sono Ligresti e non capisco nulla di finanza, ma rivoglio la mia Lazio, quella di una volta. Solo vili e i mediocri conoscono la sconfitta, noi siamo grandi e risorgeremo». Applausi. Longo l'abbraccia, dietro l'immagine dell'aquila che domina, fiera, la scena. La Lazio è della gente. Oggi più che mai. Fab. Mar.

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