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San Marino mette le mani sulla Lazio

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La cordata arriva al 26% e pensa all'Opa per ottenere il controllo totale della società entro maggio

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La svolta è ormai a un passo: il gruppo continua a rastrellare azioni sul mercato, senza concedere punti di riferimento. Più società distinte, tutte sotto la soglia del 2%: la manovra ha permesso alla cordata di mettere insieme circa il 26% del club. Le prime conferme arriveranno lunedì, nel corso della conferenza stampa prevista al Jolly Hotel di Via dei Gracchi. Il piano dei sanmarinesi sta lievitando: dietro alla scalata c'è il supporto dell'Ubs di Zurigo e del Monte Paschi di Siena. Reciso quindi il cordone ombelicale con Capitalia: l'avvocato Riccardi, procuratore speciale del gruppo, ha studiato la strategia per affrancare la società dal controllo bancario dell'istituto guidato da Geronzi. Tra le due realtà non c'è possibilità di coesistenza, come ribadito più volte dallo stesso Riccardi. Ieri il titolo biancoceleste, il più scambiato a Piazza Affari, ha guadagnato il 15,61%. Un segnale importante: passato di mano il 5,37% del capitale sociale. I «rumors» legati all'ingresso dei nuovi soci e i contestuali movimenti della cordata hanno fatto recuperare alla società le perdite borsistiche delle ultime due settimane. La Lazio ha chiesto notizie, informali, alla Consob. Il gruppo di San Marino però pensa oltre: nelle ultime ore è emersa la possibilità di lanciare l'Opa (offerta pubblica d'acquisto) per rilevare il controllo totale della società entro maggio 2004. Un obiettivo importante, che nasconde la volontà di accelerare i contenuti di quel progetto immobiliare alla base dell'ascesa sanmarinese: centro congressi, polo per la riabilitazione motoria, albergo e ristorante. La struttura sarebbe affidata in gestione a privati e i proventi costituirebbero le fondamenta economica del futuro biancoceleste. Il punto di riferimento societario, invece, sarà Luca Baraldi. L'ex amministratore delegato sarà chiamato «a sviluppare un piano di crescita societario e non a spalmare i debiti», questo il messaggio lanciato dieci giorni fa dall'avvocato Riccardi. Intanto la società attende con ansia l'assemblea di domani (in seconda convocazione, quella di oggi andrà deserta) per deliberare l'aumento di capitale da 120 milioni. Grosse incertezze sul quorum: la percentuale di adesioni continua a crescere ma l'obiettivo del 33,33% più un'azione rimane lontano. Anche perché la cordata di San Marino, che ha in mano circa il 26% del club, ha più volte ribadito di boicottare l'assemblea per «evitare commistioni con Capitalia». Quindi l'aumento di capitale rischia seriamente di slittare a inizio 2004 (salvo colpi di teatro). Il gruppo sanmarinese, a quel punto, potrebbe anche aver già preso in mano le redini della società. Il nodo da sciogliere riguarda il piano-Baraldi, che scadrà sabato. L'attuale dirigenza, nel caso in cui domani non dovesse essere deliberata la ricapitalizzazione, sarebbe chiamata a rinegoziare l'intesa con la squadra per la conversione di 5 mesi arretrati in azioni. Uno snodo fondamentale per le sorti della società: in ballo ci sono circa 11 milioni di euro. Che in questo momento la Lazio non può permettersi di pagare cash. Dopo le dismissioni di Ricucci (passato dal 11,5% all'1,88%) Capitalia sta provando a coinvolgere nel discorso biancoceleste uno tra Merloni e Angelucci. E la tifoseria attende, chiede un progetto, un proprietario e tira la volata alla cordata. Lunedì sono attese le verità sanmarinesi. La Lazio s'avvicina alla svolta.

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