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Il giocatore libico ha scelto ancora la linea del silenzio ma il suo portavoce Di Carlo ha giurato «È tranquillo e con la coscienza al posto» Striscia la notizia gli consegna il Tapiro d'oro

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In tre settimane prima Blasi, poi Kallon, infine Saadi Al Gheddafi. Il fatto che sia stato coinvolto il figlio del leader libico ha dato al caso una risonanza a livello planetario che ha fatto catapultare a Perugia cronisti da ogni dove. Ieri all'esterno dell'hotel che ospita Gheddafi jr c'era un piccolo esercito di giornalisti e fotografi, con una nutrita delegazione di reporter giunti da Tripoli. Il giocatore ha scelto ancora la linea del silenzio, riservandosi di affrontare pubblicamente l'argomento doping solo dopo le controanalisi, già richieste dal Perugia. Per adesso l'unico a parlare è stato Gianluca Di Carlo, il portavoce di Gheddafi: «Saadi è tranquillo e non intende fuggire o tornare in patria. Preferisce tacere, ma si dice sicuro che si tratti di un errore». Ieri era il giorno di Perugia-Aris, partita valida per il secondo turno di Coppa Uefa, ma in città si è discusso quasi unicamente della vicenda Gheddafi. Intanto, come era già successo per Blasi e Kallon, anche per il calciatore libico è scattata la sospensione in via cautelare, decisa dalla Commissione Disciplinare della Lega in attesa che vengano effettuate le controanalisi. Sulla questione è scesa in campo anche la Fifa, per smentire le voci circolare ieri mattina, che avrebbero voluto un «trattamento speciale» per Gheddafi, in considerazione della rilevanza politica della vicenda. «Esamineremo il caso come quello di qualsiasi giocatore professionista», ha dichiarato il portavoce Charles Schumacher - «La Fifa sa che Gheddafi ricopre anche la carica di vicepresidente della federazione libica, tuttavia è stato controllato nell'ambito della sua professione di calciatore e quindi il suo caso non sarà trattato in modo differente. Aspettiamo - ha concluso Schumacher - la fine dell'inchiesta svolta dalla federazione italiana prima di pronunciarci». Intanto, il figlio del patron umbro Gaucci, Alessandro, getta ombre sul sistema dei test antidoping: «Vorrei proprio sapere come vengono fatti tutti questi esami». E dall'entourage di Gheddafi si insinua il dubbio che dietro a questa vicenda ci sia un disegno macchiavellico: «La Libia vuole organizzare i Mondiali del 2010 e forse qualcuno non è contento. Chissà...», si lascia scappare Di Carlo, rilanciando le accuse mosse già mercoledì dalla famiglia Gaucci, che ieri ha chiesto al professor Severino Antinori di scendere in campo in difesa di Gheddafi, fornendo una consulenza medica. Il noto ginecologo si è mosso come un avvocato di consumata esperienza: «Ma quale doping, la positività di Saadi Al Gheddafi è conseguenza di una terapia medica alla quale si è sottoposto per eliminare dolori alla schiena», tirando in ballo una terapia a base di corticosteroidi. «Occorre evitare una caccia alle streghe - ha detto Antinori - come è avvenuto qualche anno fa per un calciatore del Frosinone risultato positivo al nandrolone dopo aver seguito una mia terapia ormonale contro la sterilità. Gheddafi è un uomo nobile, non ha bisogno di ricorrere al doping». L'unico contatto esterno della giornata di Gheddafi jr, è stato con con l'inviato di Striscia la notizia Valerio Staffelli, che è riuscito a consegnargli il Tapiro d' oro con la motivazione di essere stato il primo calciatore positivo al nandrolone senza aver mai disputato una partita. E a Striscia ha ripetuto l'unica spiegazione uscita fra ieri e oggi dalla sua bocca: «non so come sia successo».

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