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Per fermare Kakà bisogna puntare su Giannichedda

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Meglio accantonare certe questioni (l'allenatore di Jesi è realmente blindato? Fino a quando resterà l'amministratore Luca Baraldi?) e soppesare subito l'ultima icona rossonera, cioè quel formidabile Kakà, spauracchio temuto nell'immaginario biancoceleste almeno quanto l'accoppiata Shevchenko-Pippo Inzaghi. Suggestioni smodate? Stiamo dando troppa importanza al ventunenne brasiliano Ricardo Izecson dos Santos Leite, recente eversore delle ambizioni interiste fra oppositori impalpabili? Centrocampista creativo e vagamente miope, Kakà diventa irresistibile non appena trova spazi sufficienti per piazzare l'accelerazione, cui aggiunge l'assist verticale oppure il bolide spesso caricato da media distanza. Come spiegano i trenta gol realizzati nel San Paolo (25) e nella Selecao (5), prima d'affascinare Ancelotti e d'oscurare addirittura Rui Costa. Come capimmo mentre lo stralunato Cuper gli lasciava prendere velocità, senza soffocare sul nascere quei movimenti propedeutici al cambio di marcia. Ora tocca a Mancini, in una sfida-verità dove l'esterno Stam e il saltatore Couto sapranno alleggerire i variegati pericoli, salvo tagliare molti rifornimenti solo attraverso il recupero della rapidità corale sventagliata durante lo scorso campionato. Perché ancora assente Cesar, assaltatore fondamentale di fascia, i milanisti castigherebbero un'organizzazione abbottonata e sotto ritmo cui premesse giusto proteggere la difesa dai rituali impallinatori ancelottiani. E qui torna l'incubo-Kakà, atleta di Cristo che diciottenne rischiò un destino da tetraplegico dopo un tuffo balordo dal trampolino. Noi sacrificheremmo Giannichedda nei suoi paraggi, sulle sue caviglie, sopra il suo respiro. Giannichedda in sana marcatura, saettante nell'anticipo del rubapalloni addosso all'artista che ha reso profondo il gioco rossonero, con sintesi pagate 1,6 milioni di euro all'anno, per cinque stagioni. Kakà non vale Zidane né vanta l'immensità di Totti, pure se i poteri mediatici a disposizione di Galliani lo hanno trasformato nel nuovo fenomeno del football planetario, in quasi due mesi di vita milanese. Vita beata e coccole ripetute, mentre l'extraterrestre Rivaldo precipita e il madridista Ronaldo censura i soliti italiani, adulatori che gonfiano d'elogi friabili qualsiasi mezzo campione. Preferibile accumulare ulteriori prove, nonostante l'innesto-Kakà galvanizzi il suo allenatore al punto d'osare pazzesche trazioni anteriori, tranne tre segugi (Maldini,Nesta e Gattuso) votati al contenimento. Però resterà egualmente spericolato, Carlo Ancelotti, domenica sera? Non correggesse qualcosa, aiuterebbe la rivincita dell'ex Albertini nel sacrario di San Siro. Poi, semplificherebbe il compito di Fiore, Stankovic (o Conceicao) e di ogni corsaro scelto a sostegno del presumibile attacco bilama Corradi-Inzaghino. Il Mancio spera nella presunzione milanista, probabilmente decisiva per arrivare al blitz laziale, impresa impronosticabile sulla carta. Servono favorevoli congiunture. Bisogna stoppare all'origine Kakà, partner ideale di "Sheva" e "Superpippo". Forza Giannichedda, lei pare fatto apposta. Con il suo furore e qualche raddoppio eventuale sul talento di Brasilia, i laziali voleranno.

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