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I segreti della rinascita dell'Italia

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Perchè il segreto della metamorfosi azzurra dal giugno 2002 a settembre 2003 è a suo dire semplice: è il Mondiale con il suo crack e le divisioni interne ad aver reso più bella l'Italia del calcio, costringendola a cambiare. È stato insomma necessario toccare il fondo per cominciare a risalire. «Cosa è successo perchè la nazionale diventasse così bella? È successo il Mondiale - spiega con disarmante candore Del Piero - Abbiamo cancellato le frizioni che c'erano in Giappone, abbiamo cambiato modulo e soprattutto il modo di cercare la vittoria». E se in questo momento la nazionale rappresenta il volto sorridente di un calcio-caos, Del Piero nè è sicuramente l'immagine più trasparente, oltre che il protagonista di maggior brillantezza. Identica sincerità, lo juventino l'aveva impiegata dopo il Mondiale per dire la sua sul bisogno di cambiare mentalità, abbandonando l'italianismo. Lo sfogo, insieme con quello di Vieri, fu letto come attacco a Trap, mentre dall'altra parte Totti ringhiava contro i colleghi per il gossip sulla sua vita privata. Insomma, un quadro da Titanic. Oggi invece la nave azzurra ha ripreso la crociera, dopo qualche chiarimento. «Quando sostenni certe cose - spiega Del Piero - non era per sentirmi dire che avevo ragione. L'ho fatto perchè ho sempre creduto nelle qualità del calcio italiano: non siamo fatti per subire. Con la nazionale, tutto il nostro movimento ha deciso che era ora di vincere essendo padroni della gara. Insomma di imporre il nostro gioco. In azzurro è contato ancor più del nuovo modulo». Ma per imbarcarsi in un progetto comune, c'era prima bisogno di formare un equipaggio a prova di fuga. «Ora esiste un'armonia che al Mondiale non c'era», ha ammesso alla fine Trapattoni, alla Domenica Sportiva. «Direi piuttosto che ora ci sono risultati...», la prima replica di Del Piero, che poi però chiarisce: «È cambiato qualcosa nei rapporti personali, ci sono stati chiarimenti: a volte richiesti dai giocatori, altre sollecitati da Trapattoni. Alcune frizioni sono state discusse, era giusto farlo. Il ct dice che ora certe gerarchie sono rispettate? Sono nel calcio da 11 anni, le gerarchie sono fatte dalla carriera e da quel che uno dà in un preciso momento: se poi arriva uno straniero, segna un gol e ne fate un fenomeno, la colpa non è nostra...». Tra quel che era giusto discutere, Del Piero include anche il suo sfogo sulla mentalità: «Diciamo che varie polemiche che mi riguardavano sono state chiarite, la chiave è stato il dialogo», spiega lo juventino. Ne è prova la soluzione attuale del suo impiego a sinistra. «Non ne parlo più, altrimenti diventa una telenovela: per me resta un'opzione in più, non la principale. Gioco lì 4-5 partite l'anno su 50, non può esser la soluzione definitiva. Trap e Lippi sanno come la penso....». L'accordo trovato sul Del Piero esterno sinistro vale anche a fugare i dubbi che la nuova Italia nasca esclusivamente dai consigli dei giocatori («dialogo tra noi c'è sempre stato»). Ma di fatto gli appelli Del Piero-Vieri e la capacità di Trapattoni di adattarsi al «vento dell'estate», quello della svolta offensiva, hanno prodotto un risultato: sette vittorie di fila, il primato nel girone di qualificazione europea, soprattutto una ritrovata brillantezza. «Già a Helsinki e Stoccarda abbiamo dimostrato di avere la personalità per giocare su difficili campi esterni senza timori - aggiunge Del Piero - Però l'entusiasmo per il 4-0 al Galles non servirà a nulla, se perdiamo a Belgrado. Sarebbe di nuovo un passo indietro». Della Serbia, l'attaccante teme l'imprevedibilità: «Mi aspetto un avversario meno chiuso del Galles, e dunque più spazi: però la razza slava è calcisticamente più pericolosa quando è fuori da ogni gioco, che non quando deve difendere un primato. Perciò attenti...».

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