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Mentre si litiga prende corpo l'ipotesi della Superlega

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È già successo in Inghilterra con la Premier League da dieci anni (prima si chiamava Big League) e si sta creando in Spagna. Accadrà in Italia in tempi ormai brevissimi. Antonio Matarrese, vicepresidente di Lega e «paladino» di questa imminente rivoluzione, accortosi che le big giocano ormai due partite in una (aiutano a dare la spallata a Carraro insieme alle piccole squadre senza però partecipare attivamente alla serrata) lo ha ripetuto anche ieri: «Non ci resta che la scissione. Così non si può più vivere. Ognuno con la sua Lega». Il destino è dunque segnato: le grandi squadre (Juve, Milan, Inter, Lazio, Roma tra le prime) intendono gestirsi il campionato a loro piacimento, le altre medio-piccole saranno destinate a fare da elastico da una serie B superallargata (non a 24 ma a 28) e una fugace apparizione in A attraverso il sempre fascinoso gioco delle retrocessioni. L'Inghilterra non l'ha certamente abolito perchè il merito di una promozione sul campo è sempre «rispettato». In questo l'Europa è ancora molto lontana dal criterio americano: negli Usa al campionato di basket della Nba il criterio dell'«alternanza» non è ipotizzabile (è così in tutto lo sport professionistico americano), per partecipare l'importante è avere un impianto di proprietà, una garanzia di abbonamenti per un triennio e un adeguato sfruttamento del marketing (curato però direttamente dalla Nba). In Italia la strada era già stata spianata quando in Lega si ipotizzò una serie cadetta a due gironi (settentrionale e meridionale) molto simile ad una vasta serie C coinvolgendo anche le squadre più piccole contente dunque di vivere una realtà più nobile. L'obiettivo era rafforzare la serie A, in qualche modo blindarla e renderla totalmente autonoma, ovvero livera dal peso della mutualità che potrà invece dividersi con le squadre che fanno vero profitto e catturano audience. Il caso-Catania e la successiva crisi che ha determinato lo sfaldamento della Federcalcio ha solo accelerato i tempi. Una B a 24 squadre è una ipotesi che per i presidenti ribelli non porta lontano, seprano che la A gli dia una mano in questa battaglia ma il 29 è molto più probabile che si annunci una storica scissione. Per le big dal bilancio sano è un'occasione da non perdere. È questa diversità di progetti tra grandi e piccole realtà calcistiche a scatenare il dissesto. L.M.

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