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Ma i lombardi potrebbero anche rivolgersi alla giustizia ordinaria

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Alla fine, però, Ivan Ruggeri ha deciso. L'Atalanta deve essere riammessa in serie A al posto della Roma, colpevole, a detta del presidente degli orobici, di essersi iscritta irregolarmente al campionato. Nessun ricorso alla magistratura ordinaria (come ha fatto più volte il Catania), ma un esposto al Coni per chiedere giustizia e chiarezza. Non è escluso che alla fine la tentazione di ricorrere alla giustizia ordinaria (tanto di moda in queste ultime settimane) prenda anche Ruggeri, ma per adesso il numero uno del club lombardo preferisce seguire le strade istituzionali. Duro, durissimo il suo comunicato, quasi un grido d'allarme rivolto al Coni. Non avendo avuto riscontri al dossier presentato lo scorso 13 agosto, l'Atalanta ritiene che non possa essere l'ufficio indagini della Figc a indagare sull'operato della Figc stessa: è quindi necessaria «l'effettuazione di indagini ad opera di un organismo sovrafederale, con la massima celerità, trasparenza ed imparzialità». Secondo noi - spiega Ruggeri - appare a priori evidente l'assoluta inadeguatezza ed insufficienza dell'indagine affidata dalla Figc all'organo inquirente interno alla stessa, rappresentato dall'Ufficio Indagini. Siamo in presenza, di attività inquirenti tese a mettere a nudo inequivocabili responsabilità dei massimi vertici della Figc, e di società di grande prestigio, con ogni immaginabile conseguenza al riguardo, affidate ad un organismo interno alla medesima struttura federale indagata». L'Atalanta ritiene che l'indagine legata alle fideiussioni «debba essere affrontata e risolta attraverso un intervento diretto del Comitato Olimpico Nazionale, munito dei più ampi poteri in merito» per fare «definitiva chiarezza sulla materia, rimuovendo gli organismi responsabili delle violazioni commesse e adottando le necessarie sanzioni nei confronti delle società che sono state illegittimamente favorite dal sistema deviato di applicazione delle vigenti regole». Nella realtà, prosegue Ruggeri, «ci troviamo di fronte a termini perentori non rispettati, documenti palesemente contraffatti consegnati alla Figc in ritardo, da questa esaminati e considerati validi in maniera del tutto superficiale, atti e comportamenti tutti che hanno consentito l'illecita iscrizione e ammissione di club che non ne avevano diritto». Se la società bergamasca si è finora affidata alla giustizia sportiva, appare evidente però che «la violazione della clausola compromissoria, lo sconfinamento al di fuori della giurisdizione sportiva, molto frequenti negli ultimi tempi, per quanto deprecabili, rappresentano inequivocabili sintomi della totale sfiducia maturata dagli aderenti all'ordinamento sportivo rispetto alle illegittimità poste in essere dalle istituzioni sportive, della discriminazione e diversità di trattamento riservati a soggetti che dovrebbero godere degli stessi diritti». Intanto da martedì riprenderà in procura l'attività istruttoria sulla vicenda delle false fidejussioni. Non è escluso che il Pm Maria Cristina Palaia interroghi cinque dei sei indagati (il broker Luca Rigone è già stato sentito in qualità di indagato) che potrebbero presentarsi spontaneamente poichè le convocazioni sono per il momento bloccate per la sospensione feriale delle attività giudiziarie. Amedeo Santoro, l'uomo d'affari partenopeo che avrebbe consegnato al mediatore Paolo Landi le false fideiussioni dopo averle compilate, non è mai stato sentito dagli investigatori, nè dal magistrato. Così come Renato Spiridigliozzi della Covisoc. Gli altri, il segretario della Covisoc Gabriele Turchetti, e il commercialista Giovanni De Vita sono stati già sentiti in qualità di persone informate sui fatti.

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