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di AUGUSTO PARBONI FIDEJUSSIONI fasulle, la macchina della giustizia vuole vederci chiaro.

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Tanto da far scendere in campo anche la Guardia di Finanza. Le Fiamme Gialle infatti dovranno acquisire altra documentazione negli uffici delle società sportive. E per poter andare fino in fondo la magistratura ha deciso di iscrivere il primo nome sul registro degli indagati: Luca Rigone, il broker assicurativo marchigiano che si occupa delle società di calcio di serie C. La procura di Roma gli contesta i reati di truffa e falso in atto privato. Tre giorni fa, negli uffici del Reparto Operativo della Capitale l'uomo è entrato come persona informata sui fatti, ma dopo dieci ore ne è uscito come indagato, in seguito a una deposizione fiume che secondo gli inquirenti è stata utile a conoscere alcuni aspetti ancora oscuri della vicenda che rischia di far iniziare il campionato tra polemiche e inchieste. Fin dal primo momento Rigone ha sempre affermato di non essere mai stato a conoscenza delle presunte fidejussioni fasulle di Napoli, Roma, Cosenza e Spal. Allo stesso tempo però ha sollevato davanti ai magistrati titolari delle indagini, il procuratore aggiunto Ettore Torri e il pubblico ministero Maria Cristina Palaia, dubbi sulla «tempestività della presentazione delle fidejussioni». Secondo l'indagato infatti non sarebbero arrivate nei termini prestabiliti, cioè entro le 19 dello scorso 28 luglio, ma molto più tardi. Circostanza quest'ultima che sarebbe emersa in seguito alle indagini degli inquirenti, che ieri pomeriggio sono rimasti per ore chiusi in ufficio proprio per valutare a chi altro notificare avvisi di garanzia. Nel mirino della procura ci sono sempre le persone ascoltate nei giorni scorsi, sia gli intermediari sia chi materialmente avrebbe compiuto la falsificazione dei documenti, compresa la firma di Cynthia Ruia, ex amministratrice della società Sbc, considerata fino ad ora dagli investigatori estranea alla vicenda giudiziaria. «L'avviso di garanzia non è un'accusa di colpevolezza», ha voluto sottolineare l'avvocato dell'indagato, il penalista Calogero Caruso, «Rigone non è un pentito, è uno che collabora con la giustizia, è uno che dice la verità, riferendo quello che ha visto negli uffici di Via Allegri». Un ciclone giudiziario che coinvolgerà nei prossimi giorni sicuramente altre persone, ma non prima che sulla scrivania arrivi la relazione dei carabinieri. Il mondo calcistico è dunque finito nella burrasca, tanto da colpire anche il presidente della Federcalcio Franco Carraro, anche se in un altro filone giudiziario, indagato dalla magistratura di Catania. In sua difesa è sceso il premier Silvio Berlusconi: «La politica deve restare fuori e lontana dallo sport che ha una sua giurisdizione, suoi giudici e un'organizzazione internazionale». Non sono mancate durante le dieci ore di interrogatorio di Rigone domande sugli assegni trovati in possesso all'intermediario Paolo Landi, che ne avrebbe incassati dieci dalla Roma per un totale di 300mila euro: «Li ha presi tutti Landi, nessun assegno è passato nelle mani di Rigone - ha dichiarato ancora il difensore dell'indagato - il mio assistito aveva rilasciato una ricevuta alla Roma, in cui si diceva che riceveva questi assegni: ma nello stesso momento in cui li ha presi li ha girati a Landi». Luca Rigone, che è dal 1983 nel campo delle assicurazioni, ha sempre detto di essere stato contattato il 25 luglio dalla famiglia Pagliuso e di aver incontrato Luca Pagliuso, figlio del presidente del Cosenza, il giorno dopo nell'hotel di Porto San Giorgio. Dai Pagliuso il broker avrebbe avuto l'incarico di trovare una fidejussione per il campionato di Cosenza e Spal. Il Cosenza aveva contattato Rigone perché questi era amico di Gianni De Vita, il commercialista che si è occupato delle fidejussioni del Napoli, al quale il Cosenza si era rivolto per risolvere la questione. Il 28 luglio, poi, Rigone, De Vita e Landi si erano ritrovati nella sede della Covisoc, ed era stato Landi, in base alla ricostruzione di Rigone, a parlare della soluzione Sbc e

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