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Il tecnico dice «no» all'Ancona dopo le minacce degli ascolani «Troppi veleni, mi sono detto: a Carlè, chi te lo fa fare?»

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«Pensavo - aggiunge - che il il personaggio Mazzone, per la sua vita trascorsa sui campi di calcio di tutta Italia, per la sua immagine, meritasse maggior rispetto dalle due tifoserie. E poi, con tutto il rispetto per l'Ancona, tutto questo per allenare la squadra dorica?». Il tecnico ascolano ieri è andato al mare a San Benedetto del Tronto, assieme alla moglie e alla nipotina. E si è confessato, a cuore aperto, ripercorrendo le tappe della vicenda partendo dal fatto che ha lasciato Brescia perché ormai, dopo diverse salvezze, il suo ciclo era finito. «Ho rinunciato a gente come Baggio, perché dopo anni trascorsi nella medio-bassa classifica sono stanco - spiega - di questa sofferenza. Ecco perché fin dall'inizio ho detto no alle proposte dell'Ancona. Perché non ho mai accettato l'offerta della società biancorossa». Mazzone rivela di aver avuto un solo faccia a faccia diretto con Ermanno Pieroni, sabato scorso all'Hotel Casale di Colli del Tronto: «Telefonicamente gli avevo già detto di lasciar perdere». L'incontro con Pieroni c'è comunque stato e al termine Mazzone si è preso 24 ore di riflessione. «C'era la voglia di Pieroni di fare una buona squadra, anche se la mia intenzione di lottare per la salvezza non era granché». Ma nelle riflessioni del tecnico di origini romane entrano a questo punto in gioco, oltre alle remore a lottare per la permanenza in A, già molto forti, i «disturbi ambientali». «Amici che al ristorante o in riva al mare mi dicevano tra il serio e il faceto - si sfoga Carletto - che non sarebbero più stati tali, mi davano, tra virgolette, del traditore; tifosi che mi dicevano apertamente che «non poteva essere»; a qualcuno, sia io sia mio figlio Massimo, che ha il mio stesso carattere, abbiamo pure risposto per le rime». «La gente di Ascoli mi ha fatto comunque capire - dice chiaro e tondo il tecnico - che non gradiva che allenassi l'Ancona. Non capisco questa rivalità, resto ai tempi che il «nemico» sportivo era la Sambenedettese. I nuovi, troppi, nemici dei tifosi dell'Ascoli, Ancona, Fermana, Pescara, non mi appartengono». Quanto alle «minacce», Mazzone parla di sette-otto telefonate, qualche lettera nella cassetta postale, battute rivolte a lui e ai familiari: «Niente di grave, questo - rimarca - è giusto dirlo per ridimensionare i fatti, visto che non si tratta di vere e proprie minacce. Anche da Ancona sono arrivati commenti non positivi. E allora mi sono detto: a Carlè, ma chi te lo fa fare?». E Carletto è amareggiato, come la sua famiglia; non si aspettavano tutto questo can can: «Insieme a Rozzi - ricorda - abbiamo fatto la storia calcistica di questa città, pensavo di meritare maggior considerazione da parte degli ascolani, ma anche dagli anconetani. Non dimenticate poi che sono consuocero del presidente dell'Ascoli Roberto Benigni e che quindi nell'Ascoli alla fin fine ci sono anche i soldi di mio figlio...». A adesso qual è il futuro immediato di Mazzone? «Lasciando Brescia - risponde - sapevo che poteva accadere di restare fermo. Lo farò tranquillamente, anche se ho avuto diverse offerte». Non la Roma, insiste: «S'è parlato della squadra giallorossa, s'è detto che ero in attesa che se ne andasse Capello. Tutto è nato da una battuta del presidente Sensi che ha grande considerazione di me. Ma era solo una battuta, non ho mai incontrato nessuno della società capitolina».

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