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I ricordi di Bobby Charlton. «Alzare quella Coppa al cielo è un'emozione unica» «La gioia più grande è legata al successo del '68 a Wembley contro il Benfica»

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Il portoghese Eusebio, la pantera nera, la stella del Benfica che nei primi anni sessanta incantava in Europa al pari di Milan, Inter e del fantastico Real Madrid, e Bobby Charlton, uno dei più grandi d'Inghilterra, ma soprattutto uno che di Manchester se ne intende. Lunedì pomeriggio la Coppa è arrivata a Manchester, e i due simboli Uefa, l'hanno mostrata e alzata simbolicamente al cielo sotto quell'orgoglio di cristallo che è l'Old Traford, il Teatro del Football, posando per i fotografi con quella Coppa che ancora oggi provoca emozioni fortissime, soprattutto in loro che di coppe campioni ne hanno giocate e vinte tante. Bobby Charlton è stato tra i più grandi del calcio mondiale, un simbolo per il calcio inglese. Campione del mondo nel 1966 a Londra con i bianchi d'Inghilterra, ma soprattutto nella sua carriera c'é stato tanto Manchester. Il 6 febbraio 58 scampò al disastro aereo che coinvolse la squadra del Manchester United che faceva ritorno da Monaco. Un segno del destino, perché il nome di quell'uomo, rimarrà scolpito per sempre nella storia del football. Ha vinto tanto nella sua carriera Bobby Charlton, ma ancora oggi, dice di provare i brividi ogni qualvolta mette piede nel Teatro dei Sogni, nell'Old Trafford. «Alzare al cielo la coppa dei campioni è un qualcosa di unico - dice - e non potrò mai dimenticare la gioia provata a Wembley a Londra nel 68, un 4-1 al Benfica del mio amico amico Eusebio. Credo che per un calciatore vincere la Coppa dei Campioni sia un qualcosa di unico. Forse nel calcio di ieri era una sensazione ancora più forte, per tanti motivi, soprattutto economici, ma anche oggi l'emozione di giocare una finale è sempre tanta. E quando sei in campo, oggi come ieri, non pensi ai soldi che puoi guadagnare, pensi solo a quel trofeo da sollevare verso il cielo, che rappresenta la massima aspirazione per un calciatore». Il mito inglese è però cresciuto nello United e l'Old Trafford, di sogni ne ha regalati tanti. «Credetemi, giocare e vincere in questo stadio è una cosa incredibile. Purtroppo con Wembley che ha sempre fatto la parte del leone (ha ospitato cinque finali di Coppa campioni), la città di Manchester, nonostante una squadra fortissima ed uno stadio all'avanguardia, è sempre stata tagliata fuori dalle grandi finali, e credo sia stato un peccato, perché il fascino di questo stadio è unico. Provate voi stessi ad entrare su qual campo, calpestare quell'erba, alzare gli occhi al cielo illuminati dai diamanti dei riflettori e ditemi se non vi sentite in paradiso. Ecco - conclude Bobby Charlton - il mio rammarico è non aver potuto giocare una finale di Coppa Campioni in questo stadio. Alla mia età purtroppo si vive solo di ricordi, di emozioni da raccontare, e confesso di invidiare tanto i giocatori di Milan e Juventus. Loro un giorno potranno dire non solo di esserci stati in questo stadio, e al vincitore, di aver alzato la Coppa dei Campioni nello stadio più bello del mondo».

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