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CAPITA spesso che il fisco sia costretto a rincorrere atleti e sportivi, e altrettanto spesso riesce ...

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L'elenco è davvero lungo. Si parte da Maradona, il pibe de oro, che al fisco italiano avrebbe richiesto uno «sconto» di 30 miliardi di euro. Una cifra rispetto alla quale sembrano davvero bazzecole i 50 milioni di lire che nel '79 portarono sotto la lente indagatoria dell'amministrazione finanziaria Paolo Rossi. L'eroe di Spagna '82 fu prosciolto, ma in compenso finì sotto accusa tutta la nazionale italiana, colpevole di aver intascato i premi senza dichiarare 430 milioni al fisco. A metà degli anni '80 il Genoa e il Palermo pagavano i giocatori in nero senza dichiarare una lira di Irpef. E tra le braccia degli ispettori finirono anche i tre olandesi del Milan, Rijkaard, Gullit e Van Basten, costretti a pagare una multa di 1.500 dollari. Ma non è solo il calcio a litigare con le entrate. Gli occhi dell'amministrazione sono infatti da anni puntati anche sul tennis, sulla formula 1 e sullo sci. Di casi eclatanti ce ne sono stati parecchi. L'ultimo è quello di Tomba: il campione del mondo fu assolto, ma i passaggi di denaro in società sparse tra vari paradisi fiscali gli costarono comunque una multa di 10 miliardi di lire. Hanno provato a fare i furbi anche i tennisti Stich, Becker e Mc Enroe. Infine nel circuito della Formula 1, fu Lauda a litigare con il fisco negli anni '80, in merito agli introiti pubblicitari incassati all'estero. Da allora molti piloti hanno deciso di risolvere il problema sul nascere, trasferendo la propria residenza nel Principato di Monaco.

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