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ROUBAIX — Aspettando Pieri.

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Il dopo Roubaix resta nel miracolo occasionale di Van Petegem, l'unico che sia riuscito a declinare al presente le vittorie sul pavè. «Una doppietta storica», titolava il belga Het Nieuwsblad, proprio perchè è solo ad un certa età, e dopo averle perse, che certe corse immortali diventano sicure. Il dopo Roubaix è quindi nel segno di un belga anticonformista, oscuro e diritto nelle sue idee di vita, molto figlio di un padre che nella vita è andato contro le convenzioni. Ma lo è soprattutto nell'analisi di una corsa che Dario Pieri non avrebbe mai potuto perdere che da uno come Tito Van Petegem, il più forte del momento. Troppo bello, troppo forte, troppo meraviglioso per essere vincente, il Pieri di domenica. «È così: meritava di vincere, ma ha corso male la volata», è il parere dell'indimenticabile Francesco Moser, tre Roubaix vinte. «È stata una volata neanche fatta. Nel senso che Pieri ha fatto tutto bene, e ha sbagliato solo l'ultima cosa, mentre Van Petegem non ha sbagliato niente. La volata? Lui ha sbagliato a mettersi in alto, ma va capito: Pieri non poteva sapere che De Vlaeminck ed io abbiamo perso una Roubaix da un certo Hinault, e io e Roger non eravamo certo due fermi sullo sprint, perchè il bretone ci ha anticipato. Se fosse partito sul rettilineo non avrebbe perso: se fosse partito per primo per poi buttarsi giù dall'alto avrebbe vinto Pieri. Però ho anche capito che non è fortissimo come passista, pur andando alla grande sul pavè. E ho visto anche Tafi andare forte». «Ma quel che conta - continua Moser - è che l'età di Dario Pieri ci mette tranquilli: dietro a lui non c'è nessuno e davanti quelli che lo hanno battuto hanno quasi una età da pensione. Il futuro sul pavè è assicurato: a volte questo è più importante che vincere».

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