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Rimangono disperate le condizioni di Kato Beggio, presidente Aprilia «Non si doveva correre»

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«Bisogna cercare a tutti i costi un accordo», ha ribadito Valentino Rossi tornando a sottolineare la necessità di far tornare i piloti al centro del movimento. Suzuka non è un circuito sicuro, quella pista è da cancellare, avevano detto Rossi e Capirossi. Quella gara non si doveva correre, ha insistito dall'Italia il patron dell'Aprilia, Beggio. E intanto le condiziondi di Kato, sempre in coma, rimangono stabili. L'incidente di Daijiro Kato a Suzuka forse «poteva accadere - come ha commentato ufficialmente Paul Butler in rappresentanza della direzione di corsa - in qualsiasi altro tracciato del mondo». Perchè a Daijiro deve essere successo qualcosa di strano, di così particolare ed imprevedibile che lo ha spinto verso un muro come un proiettile impazzito. Ma se ci sono i muri, come aveva profeticamente denunciato Valentino Rossi alla vigilia, anche il minimo sbandamento può trasformarsi in tragedia. E a Suzuka i muri ci sono. Se Suzuka è ancora un micidiale toboga che ospita una gara del Mondiale è solo perche' bisogna correrci e da qualche anno addirittura due volte a stagione, è perchè lì ci sono le più grandi case costruttrici. Ma anche sponsor e interessi di altro genere. E il bello, senza nulla togliere al lavoro e alla figura di Franco Uncini, come ha stigmatizzato con decisione Valentino Rossi, è che si occupa di sicurezza dei tracciati e rappresenta i piloti pur essendo stipendiato dai padroni del vapore, da quel binomio Dorna-Irta che gestisce l'intero circus. E quando gli interessi si vanno a scontrare con le esigenze sono sempre quest'ultime a soccombere.

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