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Olly personaggio dell'anno: da Sanremo ai sold out nei palazzetti

Carlo Antini
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Per lui si è scomodato perfino il New York Times. Il quotidiano statunitense ha appena definito Olly uno dei protagonisti musicali del 2025 e ha inserito «Balorda nostalgia» tra le hit italiane più significative con 121 milioni di stream. Per Federico Olivieri sono stati 12 mesi irripetibili. Iniziati con una promessa e finiti con la consacrazione: successi, tour da tutto esaurito, scelte controcorrente e polemiche l’hanno messo al centro della scena. Tutto comincia a febbraio. La vittoria a Sanremo non è solo un successo annunciato ma uno spartiacque. «Balorda nostalgia» diventa un manifesto: Olly ha vinto cantando una fragilità credibile senza maschere e senza retorica. Oltre le invidie e le malelingue che hanno coinvolto perfino la sua manager Marta Donà. Ma Sanremo non è un punto d’arrivo. È un moltiplicatore. Per 55 settimane consecutive «Tutta vita (sempre)» è rimasto in Top 10, per 11 al primo posto.

Fino alla decisione più discussa: la rinuncia all’Eurovision di Basilea, a maggio. In molti l’hanno letta come passo falso, altri come atto di coerenza. È la scelta che conferma il suo anticonformismo. In un sistema che misura il valore in termini di esposizione, dire di no diventa un atto rivoluzionario. Il tour sold out nei palazzetti è la ciliegina sulla torta. Dal vivo le canzoni cambiano pelle evidenziando la sensibilità di chi affronta temi diversi con la stessa credibilità. È lì che trova forza «Così così», un brano che parla di sentirsi fuori posto senza farne una bandiera, di restare ai margini senza rivendicarli come posa. Sull’onda degli inni sventolati da Vasco. Non urlati ma condivisi, sussurrati da migliaia di persone che si riconoscono in una normalità irregolare. Il racconto intimo e quotidiano di «Questa domenica». Non l’amore spettacolare ma quello che si consuma nei silenzi, nei pomeriggi lenti e nelle promesse non dette. Olly sa parlare di sentimenti senza scivolare nei cliché. Sorprende la maturità con cui affronta il tema più complesso: la fine. «Buon trasloco» parla di morte con un linguaggio disarmante, quasi domestico. La dedica al padre dell’inseparabile produttore e sodale Juli torna centrale in un anno in cui il cantautore mette ordine nella carriera e nelle priorità affettive. Cantare la morte senza enfasi, come un passaggio inevitabile, è una scelta coraggiosa per un artista pop: lasciar andare, cambiare stanza, non restare intrappolati in ciò che non serve più.

I social fanno il resto. Inevitabili le polemiche quando il successo diventa trasversale. La più discussa? Una cena d’estate al ristorante con gli amici: fotografata, commentata e giudicata come fosse un comunicato ufficiale. Per alcuni un gesto di normalità disarmante, per altri un simbolo di «leggerezza» fuori luogo. Olly non ha alzato muri né costruito narrative difensive. Ha continuato a vivere, a mangiare una pizza, a ridere con chi c’era prima. In un mondo che pretende performance anche nella vita privata, quella cena si è trasformata in un gesto politico: dietro l’artista c’è la persona.

A 24 anni Olly ha costruito il successo passo dopo passo. Senza approfittare delle scorciatoie dei talent show ma rinverdendo la tradizione della scuola genovese dei cantautori. Il 2025 è stato l’anno in cui ha dimostrato che si può vincere Sanremo senza perdere credibilità, riempire i palazzetti senza essere distanti, dire di no senza sparire. Un anno in cui la «balorda nostalgia» è stato il filo rosso di un percorso che guarda avanti senza dimenticare le origini e i ragazzi di Genova. «Più fastidio vi do, più voglio starmene qui», canta in «Così così». E Olly è destinato a restare. Specchio imperfetto di un’Italia che vuole emozionarsi. Ancora.
 

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