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Bellucci come Anita Ekberg: "Ridò luce a un'icona"

Giulia Bianconi
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«Questo film mette a confronto passato e presente e il modo diverso in cui viene vista una donna e un’attrice. Penso sia un piccolo gioiello realizzato con amore e rispetto con l’intento di ridare a una grande icona come Anita Ekberg la luce che la vita le ha tolto». Monica Bellucci parla di «The Girl In The Fountain», docufilm diretto da Antongiulio Panizzi che gioca tra realtà e finzione in cui l’attrice italiana viene chiamata a interpretare la diva de «La Dolce vita» di Fellini. Quel ruolo rimasto nell’immaginario collettivo, soprattutto per la scena della Fontana di Trevi, ha segnato la carriera della svedese, ma per lei è stata anche «fatale», come spiega il regista. Ekberg, scomparsa nel 2015 a 83 anni e presente nel film grazie a delle immagini e interviste di archivio, è diventata il simbolo di un'epoca d’oro del cinema, rimanendo tuttavia incastrata da quell’immagine femminile da sogno inarrivabile e da una carriera che da un certo momento in poi non le ha più regalato gioie.

Bellucci, dal Torino Film Festival dove ha presentato fuori concorso la pellicola insieme a Panizzi, ha parlato così di quella donna «vittima del suo tempo», dall’incredibile bellezza e sensualità: «Lei ha vissuto il boom, anche cinematografico. Ma quel periodo non è stato semplicissimo per le donne. Non avendo una vera e propria protezione maschile all’epoca del successo è stata abbandonata a se stessa. Noi donne oggi ci amiamo anche di più. Io non l’ho mai incontrata, ma mi ha colpito la sua potente immagine. Mi ha sempre trasmesso qualcosa di buono, faceva venire voglia di proteggerla».

Nel lungometraggio, che sarà nelle sale oggi e domani distribuito da Eagle Pictures, »viene mostrato il processo creativo e la trasformazione di un’attrice che deve interpretare un ruolo, attraverso l’aiuto del regista, e di figure come il parrucchiere e il truccatore», ha detto ancora Bellucci, che per diventare la diva svedese a un certo punto di «The Girl In The Fountain« indossa una parrucca dai lunghi capelli biondi. Nel lungometraggio l'attrice si chiede: «Faccio bene o faccio male ad interpretarla? Lei è Anita Ekberg». Alla stampa, ha spiegato: «Hai sempre paura quando tocchi un mito, ci devi andare in punta di piedi. Io l'ho fatto con amore e credo che questo abbia creato magia». Poi Bellucci ha proseguito: «Un attore ha bisogno di trovare una chiave di accesso per interpretare un personaggio. C'è un momento di svolta nel film, quello del sogno, quando entro nella villa vestita di bianco e incontro la bambina. Quel momento onirico è un omaggio a Fellini e i riferimenti al maestro sono più di uno». E ancora, sulle differenze con Anita Ekberg: «Io e lei siamo diverse, già solo nei colori. Io mediterranea, lei nordica. Abbiamo sicuramente rappresentato l’avvenenza fisica, ma anche quella in modo differente».

Ma cosa pensa Bellucci del divismo? «Credo sia il pubblico che decide cosa fare di te. Un’attrice fa le sue scelte, ma non comprende bene ciò che recepisce il pubblico. Non puoi avere il controllo degli spettatori e neanche della stampa», ha risposto. Guardando alla sua carriera, la 57enne, ha spiegato: «Io mi ritengo fortunata. Il cinema mi ha permesso di potermi esprimere come attrice al di là della mia bellezza. Anita Ekberg ha sofferto perché in quel periodo per le donne oltre i quaranta era difficile continuare a recitare. Io, invece, posso farlo ancora oggi che ho superato i cinquant’anni. Posso scegliere di pancia i personaggi da interpretare». E ne ha dato prova anche ultimamente. Mentre a teatro, nello spettacolo «Maria Callas. Lettere e memorie» per la regia di Tom Volf, sta dando vita a un’altra leggenda, alla fine dell’anno vedremo l’attrice vestire i panni sul grande schermo di una Befana dai capelli platino (e incredibilmente bella) nella commedia diretta da Paola Randi «La Befana vien di notte 2-Le origini». Sempre al cinema sarà nel 2022 tra i protagonisti di «Siccità» di Paolo Virzì.

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