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Disturbi dell'apprendimento, è allarme nelle scuole italiane

La marcia dei bambini in occasione della Giornata mondiale dei diritti dei bambini

Valentina Pelliccia
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di Valentina Pelliccia

Dislessia, disortografia, disgrafia, discalculia, ADHD (sindrome da deficit di attenzione e iperattività ) e chi più ne ha più ne metta: sono i disturbi che sembrano sempre più appartenere agli studenti italiani. L'Istat rivela che solo nel 2015 tra alunni della materna e scuola secondaria di secondo grado, ben 233.477 sono allievi con difficoltà di apprendimento mentre il Ministero dell'Istruzione conferma che nel 2016 la percentuale di alunni con DSA (disturbi specifici dell'apprendimento)  è stata del 2,1% della popolazione scolastica e l'Associazione italiana della dislessia conta 350mila bambini. Ma cos'è la dislessia? È un disturbo dello sviluppo di origine neurobiologica che compromette più o meno severamente la lettura per cui i bambini  compiono errori nella lettura, sono più lenti degli altri e hanno quindi difficoltà nella comprensione del testo e quindi lavorare da soli. Ma a giustificare i numeri non basta  colpevolizzare  l'introduzione nel 2010 della legge 107 sui Disturbi Specifici dell'Apprendimento (DSA) per cui la scuola ha il compito di effettuare, attraverso l'osservazione, l'identificazione di casi sospetti di un potenziale DSA. Da qui il passo è facile per la scuola e gli insegnanti, dopo aver cercato da qualche parte ed in qualche modo di attuare interventi didattici diversi ad indirizzare le famiglie ad una consulenza neuropsichiatrica per i loro figli. L'allarme sulla pioggia di diagnosi, di eccessive certificazioni di disturbi dell'apprendimento e di come la scuola abbia abdicato a parte del suo ruolo educativo dietro l'alibi della presenza di una patologia è un grido che si è alzato da più voci e da più tempo.  Già nel 2011 l'Istituto di Ortofonologia di Roma denunciò con una indagine accurata condotta in numerose scuole materne ed elementari come una percentuale elevata di bambini fosse stata erroneamente indicata a rischio Dsa. E il coro è continuato con il convegno, illuminante,  tenutosi a Milano su "Curare con l'educazione. Come evitare l'eccesso di medicalizzazione psichiatrica dei bambini e dei ragazzi" e poi con l’incontro organizzato dal MIUR a Roma su “Adolescenti oggi”. Da qui il grido del pedagogista Daniele Novara con il suo libro in uscita in questi giorni "Non è colpa dei bambini - Perché la scuola sta rinunciando a educare i nostri figli e come dobbiamo rimediare. subito". Nel libro l’autore denuncia il rischio che si facciano passare per patologie (come la discalculia o la dislessia) quelle che sono “solo” delle difficoltà che i bambini vivono durante la crescita oppure, addirittura, errori degli adulti che hanno un ruolo educativo nei loro confronti: genitori, famiglie, scuole ed insegnanti. A lui si è aggiunto lo psicoterapeuta Bianchi di Castelbianco che ha indirizzato le accuse anche ai cambiamenti  che la società sta vivendo e che vede i figli sempre più soli davanti ad una la scuola, la famiglia sempre più mononucleare. Ma a questa forma di “negazionismo” della dislessia e dei disturbi dell’attenzione replicano le associazioni di genitori e specialisti dell’argomento. A dargli voce è lo psicologo Giacomo Stella, fondatore dell’Associazione Italiana Dislessia, per cui è "la scuola impreparata ad affrontare il problema sia in termini numerici  che clinici". Allora  la grande "colpevole" è la scuola? Proprio Giacomo Stella accusa l'istituzione di non essere più luogo di crescita dei bambini ma anzi  ambiente in cui si crescono personalità fragili e problematiche, comportamenti devianti come il bullismo, e laddove  si presentano problematiche di apprendimento e comportamento  si scarica il problema sulle famiglie. Al di là della diatriba che vede scendere in campo  anche la Lega per i diritti delle persone con disabilità (Ledha) e la Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (Sinpia) e per evitare di arrivare ad emulare le scuole americane dove (per la gioia delle case farmaceutiche) per controllare la condotta dei bambini “con disordine di attenzione per iperattività “già dal 1999 viene distribuito  con facilità  il Ritalin (anfetamina) a sei anni di età, dobbiamo realmente  ripensare la scuola italiana e il suo ruolo  e le sue competenze di istruzione, formazione e perché no,  di educazione ( affianco delle famiglie ), valorizzando l'operato degli insegnanti che si sentono sovraccaricati di responsabilità sempre maggiori. È proprio notizia di questi giorni che manchi nella scuola italiana un numero enorme di insegnanti di sostegno specializzati nei PDP (Piani Didattici Personalizzati) e in PEP (Percorsi educativi personalizzati), adibiti proprio a seguire bambini con difficoltà. Eppure stiamo assistendo a continue novità da parte del Ministero della Pubblica Istruzione: scuole aperte anche d'estate, ragazzi fino  ai 14 anni accompagnati e ritirati da scuola da familiari, uso dello smartphone e tablet in classe, maturità scolastica in 4 anni, alternanza scuola-lavoro. Ma la scuola vuole davvero cambiare?

 

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