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Diventa papà il primo trapiantato di pene

Katia Perrini
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In soli 3 mesi dall'intervento di trapianto di pene ha potuto recuperare una piena funzionalità (urologica e sessuale) e sta per diventare padre. È il caso di un giovane ventunenne a cui era stato amputato il pene tre anni fa per complicazioni dopo una circoncisione. È stato il primo trapianto di pene nella storia, eseguito in Sudafrica nel dicembre 2015 dall'urologo André Van Der Merwe che lo definì «un miracolo». A 10 mesi di distanza, l'autore dell'impresa è ospite dell'89° Congresso nazionale della Società italiana di urologia (Siu), in corso a Venezia, per discutere gli ottimi risultati di quel primo tentativo. Da allora il trapianto è stato affrontato altre 3 volte nel mondo, su altri pazienti giovani che stanno rispondendo molto bene, spiegano i medici, a un'operazione che rappresenta una speranza per tutte le vittime di traumi genitali dovuti a circoncisioni mal condotte e ferite di varia natura, e per chi soffre di patologie gravi, dal tumore del pene ad anomalie genetiche. Al giovane paziente era stato amputato il pene a seguito di un'infezione estesa provocata dall'uso di strumenti rudimentali e non adeguatamente sterilizzati per la circoncisione e i medici hanno raccontato che erano riusciti a salvare soltanto un centimetro dell'organo. Il pene da trapiantare è stato prelevato da un cadavere e l'intervento microchirurgico è durato 9 ore, riferiscono i medici. «La chirurgia ricostruttiva ha fatto un vero e proprio miracolo - osserva Vincenzo Mirone, segretario generale Siu - il tessuto cavernoso umano responsabile dell'erezione è estremamente delicato e complesso. Le tecniche usate da Van Der Merwe e i suoi colleghi dell'università di Stellenbosch sono molto simili a quelle impiegate per il trapianto di faccia: la vera sfida, infatti, è riuscire a unire tra loro vasi e nervi dal diametro inferiore ai 2 millimetri». Riguardo il paziente che sta per diventare papà dopo essersi sottoposto ad un trapianto di pene, il segretario generale Siu fa notare che: «Il giovane non ha ancora recuperato la sensibilità al 100 per cento, proprio perché i nervi sensoriali sono estremamente sottili e si deteriorano molto velocemente, ma è possibile che nell'arco di un paio di anni riesca a tornare ad avere anche una sensibilità normale. Intanto - continua Mirone - in appena 3 mesi ha recuperato una piena funzionalità urologica e sessuale che gli ha consentito di avere erezioni e rapporti sessuali pressoché normali: a dimostrazione della ritrovata qualità di vita e della riuscita dell'intervento, il paziente sta per diventare padre». «I risultati dipendono molto dalla condizione di partenza - osserva Mirone - sono ovviamente migliori su persone giovani e sane e soprattutto se il trauma è limitato. Un sessantenne iperteso difficilmente potrebbe ottenere un recupero brillante come quello del primo paziente operato. L'intervento costituisce una svolta importante per gli uomini che per esempio perdono l'organo a seguito di circoncisioni finite male: sono eventi tutt'altro che rari in Paesi dove questo rito è comune e viene eseguito senza particolari precauzioni igieniche, nel solo Sudafrica si stimano almeno 250 casi ogni anno. «Altre situazioni che possono portare all'amputazione parziale o completa dei corpi cavernosi sono per esempio i traumi genitali: si stima che nel 20-25% delle vittime di ferite da arma da fuoco in sparatorie ci sia il coinvolgimento degli organi genitali, perciò i numeri sono certamente consistenti in tutto il mondo. Anche i pazienti con tumori rari del pene o anomalie genetiche sono possibili candidati al trapianto: l'intervento, perciò, rappresenta una speranza per molti uomini che hanno una qualità di vita drammaticamente bassa e come unica alternativa l'uso di una protesi».

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