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Lacrime e asma: ecco le allergie

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La lotta degli italiani contro i pollini. Colpa del verde ma anche del clima

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Lacrime di primavera. Ma anche starnuti continui, naso gocciolante, colpi di tosse stizzosa, prurito, insonnia, asma e, di conseguenza, irritabilità... È quello stato di malassere dovuto alle allergie provocate da cipressi, mimose, ulivi, parietarie e graminacee. A combattere la battaglia contro la furia dei pollini di piante tanto belle quanto «nemiche» (senza contare i nemici in casa come muffe e acari) sono adulti e bambini.     COLPA DEL CLIMA - Un'indagine di Assosalute, Associazione nazionale farmaci di automedicazione, condotta su 1000 italiani fra i 18 e i 64 anni, rivela che il 16% soffre inesorabilmente di allergie tutte le primavere. Se a chi vive le allergie si aggiungono quanti le subiscono indirettamente a causa della vicinanza, si ottiene che ben il 54% degli italiani è interessato al problema. Qualche altro numero? La rinite allergica colpisce circa 400 milioni di persone in tutto il mondo mentre il 35% dei ragazzi italiani intorno ai 14 anni ne presenta i sintomi. E i numeri sono destinati a crescere. Anche perché il clima, sempre meno «normale», diventa un elemento scatenante: nel recente congresso nazionale a Bologna della SIAAIC (Società Italiana Allergologia, Asma ed Immunologia Clinica) è stato sottolineato che «un cambio di mezzo grado di più della temperatura fa aumentare da 10 a 100 volte la quantità di pollini nell'aria e di conseguenza aumentano da 10 a 100 volte le persone che soffrono di allergie».     ALLERGY DAY - E ieri l'allergia è scesa in campo nella 32ma giornata di campionato con la campagna di sensibilizzazione «Allergy day» grazie ad un accordo della SIAAIC con la FIGC e la Lega di Serie A. Obiettivo «l'allergico vince» e allora per evitare che chi soffre di allergie abbandoni lo sport, all'inizio dei match, è stato esposto uno striscione e sono stati proiettati due video della durata di 30 secondi. Alleati immancabili per i combattenti dei pollini decongestionanti, antistaminici e corticosteroidi nasali mentre l'azienda Guma, per prevenire e curare, propone molecole naturali a bassi dosaggi, preparate omeopaticamente con il metodo SKA. Non manca chi consiglia un'alimentazione doc, evitando alcuni cibi e favorendo l'uso di alimenti probiotici, i microrganismi vivi presenti negli alimenti come lo yogurt, soprattutto per i più piccoli in modo da «abituare» l'organismo e limitare l'iper-reattività del sistema immunitario.     APP - Drasticamente poi, c'è chi suggerisce come Pharmawizard attraverso un'app, un vademecum comportamentale: non uscire quando c'è vento; lavare spesso i pavimenti di casa e i capelli; evitare campagna e prati, vicinanza con erba tagliata; viaggiare con finestrini chiusi in macchina e con mascherina se si va in bici; cambiare spesso i vestiti. Ma un approccio veramente diverso arriva da FareAmbiente e SIAAIC che lanciano il «Decalogo Allergy Safe Tree», le dieci regole d'oro che le amministrazioni locali dovrebbero seguire per evitare che il verde pubblico si trasformi in una bomba ad orologeria per i cittadini allergici. Preferire piante entomofile cioè che affidano agli insetti l'impollinazione e producono minori quantità di polline e, non quelle anemofile che invece ne affidano al vento la sua propagazione: evitare dunque betulle, cipressi e ulivi e preferire gelsomino nudiflorum, camelia, erica, liburno; effettuare la potatura delle siepi prima della fioritura e prima dell'emissione del polline; falciare i prati prima della fioritura; seguire il calendario pollinico per praticare gli sfalci delle graminacee che sono altamente allergeniche; diserbare le aree endemiche per l'ambrosia; predisporre la falciatura e gestione del verde nelle ore notturne e nelle giornate poco ventilate; bonificare i luoghi di aggregazione da specie arboree, arbustive e prative allergizzanti; bonificare i luoghi pubblici da piante responsabili di dermatiti allergiche come margherite e crisantemi, ortica e parietaria, stelle di natale; consultare la mappe delle aree climatiche per il monitoraggio delle concentrazioni dei pollini prima di predisporre eventi pubblici. Sembra un po' complicato perché i Comuni avrebbero bisogno di allergologi oltre che di urbanisti ma, come dice Vincenzo Pepe presidente nazionale di FareAmbiente, «Non mettere a dimora piante dannose nelle città, è un atto di civiltà e di prevenzione per la salute dei cittadini; molti pollini infatti, specialmente nelle di metropoli che hanno un alto tasso di inquinamento, si uniscono al PM10, sostanza nociva prodotta dai gas di scarico delle auto, e finisce poi nei polmoni della gente».

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