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Cancro al fegato, arriva la nuova tecnica non invasiva

Sala Operatoria

Si chiama termoablazione a radiofrequenza e in 15 minuti elimina le cellule malate.

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Svolta nei pazienti malati di cancro al fegato. “Con un ago bruciamo le cellule malate”, dice il professor Sandro Rossi, presidente della ‘Fondazione cura mini-invasiva tumori'. “Questa tecnica – continua l'esperto - ha un costo inferiore rispetto alla chirurgia tradizionale. Con meno complicanze. Non bastano TAC o risonanze. È dalla ricerca genetica che arriva la chiave per una prognosi certa”. Senza la necessità di fare tagli sulla pelle. Senza bisogno di anestesia totale. Con una narcosi parziale, oggi è possibile bruciare il tumore del fegato. Si chiama termoablazione a radiofrequenza e in 15 minuti permette di eliminare le cellule malate. Presenta meno rischi e complicanze per i pazienti rispetto alla chirurgia tradizionale (che richiede di solito almeno 2 ore). E ogni anno in Italia sono almeno 1500 le persone che si fanno operate con questa tecnica che, in un colpo solo, fa risparmiare anche il servizio sanitario: un intervento di questo tipo, che richiede una degenza di soli 3 giorni e talvolta può essere eseguito in regime ambulatoriale, implica un esborso nettamente inferiore rispetto a quello della chirurgia resettiva. Come se già questo non bastasse, tanto i pazienti quanto il sistema possono capire, prima dell'intervento, come evolverà la neoplasia. “Per questo”, spiega il professor Rossi, “abbiamo avviato uno studio per identificare i marcatori genetici associati alla crescita neoplastica. È la prima ricerca in Italia di questo tipo. Risultati positivi consentirebbero una prognosi più precisa e più appropriate scelte terapeutiche. Il lavoro che stiamo conducendo è accuratissimo ed enorme: in 30 pazienti abbiamo raccolto più di 200 campioni di tessuto da sottoporre a sequenziamento genico e ad analisi bioinformatica. La ricerca si concluderà alla fine di quest'anno ed è realizzata grazie al contributo liberale dei cittadini e della Fondazione Cariplo”. Il tumore del fegato nel 2012 in Italia ha fatto registrare 12.800 nuove diagnosi ed è al terzo posto per mortalità nella fascia di età compresa fra i 50 e i 69 anni. In oltre il 90% dei casi insorge in persone colpite da cirrosi epatica. “Le classificazioni utilizzate finora”, continua il luminare, “falliscono nel predire la storia clinica di un paziente cirrotico dopo l'asportazione chirurgica del tumore o la termoablazione. Le indagini attualmente a disposizione, come ecografia, TAC, risonanza magnetica ed analisi istologica, non sono sufficienti. Questa situazione ha un impatto negativo sul malato perché può portare, anche nei migliori centri, a terapie inappropriate. È cioè inutile trattare con la chirurgia tradizionale o con la termoablazione un tumore, anche piccolo, in un paziente che svilupperà entro poco tempo una malattia neoplastica multifocale associata a una prognosi infausta. È quindi importante individuare, con ricerche genetiche e molecolari, altri fattori associati al tipo di crescita del tumore per capirne l'evoluzione. Vogliamo sapere se l'andamento della malattia sarà lento nel tempo, con lo sviluppo di recidive nodulari che possono essere trattate con termoablazione o con la chirurgia tradizionale, oppure se avrà una rapida evoluzione multifocale, caso in cui l'unica possibilità di trattamento è rappresentata dal trapianto d'organo”.

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