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Il bistrot vista Colosseo costretto a "cacciare" i clienti. Colpa della burocrazia

Foto Conterbo Press

Martina Zanchi
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«Mi dispiace, stiamo chiudendo». Il cameriere del nuovo bistrot sulla terrazza della Casina del Salvi, dentro il Parco del Celio a Roma, è piuttosto imbarazzato mentre invita i clienti ad alzarsi dai tavoli già alle 18.45. Lo spritz al tramonto con vista suggestiva sui reperti archeologici è sfumato, turisti e romani non se lo spiegano, visto che la location appena riaperta dal Comune in pompa magna è perfetta per l’happy hour. Tant’è che la funzione originaria della palazzina, costruita nel 1835, era proprio quella di caffetteria. «Purtroppo alle 19 dobbiamo andare via, questo ha disposto la Sovrintendenza, perché il custode del Parco alle otto chiude tutto», si sforzano ancora di spiegare i gestori alla clientela del locale, che di malavoglia è costretta a cambiare programmi. Tanti altri che continuano ad arrivare, attirati dalla bellezza inaspettata del posto, vengono rimandati indietro.

Così, quella che poteva essere una svolta per un luogo unico, nel cuore della Città eterna, suona come l’ennesima occasione sprecata. E la causa sembra essere la solita rigidità amministrativa: il museo della Forma Urbis e l’aula studio (peraltro molto frequentata) chiudono alle 19 perché questi sono gli orari del Parco archeologico, e a questi deve attenersi anche la caffetteria, nonostante la macroscopica differenza dei servizi offerti.

Vista la situazione, suonano paradossali le osservazioni fatte dall’assessore capitolino alla Cultura, Massimiliano Smeriglio, il giorno del taglio del nastro: «La cosa può sembrare assurda - ha commentato l’assessore il 29 aprile scorso - ma in realtà dalla fine dell’Ottocento questo posto meraviglioso non è mai decollato. Anche in origine doveva essere una caffetteria ma decennio dopo decennio è stato abbandonato». Certo, però, che se oggi a guidare l’amministrazione è il criterio del timbro del cartellino sembra difficile un esito diverso.

Eppure anche i tanti ragazzi che frequentano l’aula studio della Casina potrebbero godere della caffetteria, dopo un pomeriggio passato sui libri. Per il momento, però, nulla da fare: alle 19 si chiude. E se i gestori del locale sembrano speranzosi sulla possibilità di «trattare» con la Sovrintendenza almeno un’ora in più di apertura, l’ente di piazza Lovatelli assicura a Il Tempo che c’è la «massima disponibilità» a venire incontro alle esigenze della caffetteria, per aumentare la fruibilità della Casina. Quella attuale, continuano i Beni culturali, sarebbe una «fase di studio» per valutare «la risposta» del pubblico. Risposta che è arrivata forte e chiara, al Campidoglio il compito di agire di conseguenza.

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