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Smog, crolli, allagamenti: un romano su due in zone a rischio: i quartieri

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Antonio Sbraga
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Mezza Roma è «fragile»: più di un residente su due vive in una zona esposta ad una vulnerabilità influenzata dal clima e dall’ambiente circostante. A quantificarlo è il Dipartimento di Epidemiologia della Regione Lazio (Dep), che ha condotto uno studio proprio per valutare l’esposizione dei residenti nella Capitale alla vulnerabilità climatico-ambientale. «I risultati indicano che il 56% della popolazione vive in aree con livelli elevati o molto elevati di vulnerabilità ambientale e climatica», conclude lo studio. Con il quale il Dep ha stilato un indicatore sintetico, utilizzando informazioni provenienti da un gran numero di variabili (l’uso del suolo, la densità di strade, l’intensità di traffico, l’inquinamento acustico, il verde urbano, l’indice di vegetazione, l’impermeabilizzazione del suolo, l’inquinamento atmosferico e la temperatura).
Nelle aree più critiche questa vulnerabilità ambientale si va anche a sommare alla fragilità socio-economica, che gli esperti chiamano «indice di deprivazione», più elevato nelle zone più periferiche. Secondo lo studio a Roma «il 13% della popolazione con elevata deprivazione vive in aree a rischio molto elevato di vulnerabilità ambientale e climatica».

Tant’è che il Rapporto indica proprio nelle periferie «la presenza di cluster spaziali con vulnerabilità sia ambientale che sociale nell'area orientale, nell'area occidentale (zona Pisana) e verso Malagrotta». Ma, secondo gli analisti del Dep, «l’impatto dell’ambiente è un’epidemia silenziosa: ogni anno nel Comune di Roma si verificano circa 26.000-27.000 decessi per cause naturali. A partire dai 2.200 decessi attribuibili a PM2.5, le polveri sottili, mille decessi in più a causa dell’assenza di verde urbano, 900 dovuti al rumore da traffico e tra i 600 e i 1500 decessi a causa delle elevate temperature nella popolazione over-65 (periodo maggiosettembre)».

Anche perché «il cambiamento climatico nella città di Roma, dal 2011 ha fatto registrare una serie consecutiva di anni più caldi. Fino a +0,8°C registrato nel 2020», sottolinea il Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici (Cmcc). La Capitale, infatti, diventa un’isola di calore in estate e un acquitrino quando piove. E, non a caso, risulta essere la città italiana più colpita da eventi estremi negli ultimi 12 anni: ben 66, tra i quali 39 allagamenti causati dalla pioggia. Ma «a Roma il rischio idraulico è connesso alla presenza dei due fiumi principali: il Tevere (Ponte Milvio per la minore altezza dell’arginatura, Flaminio, Tor di Quinto, Foro Italico, Farnesina, Prima Porta, Labaro, Torrino, Tor di Valle, foce a Fiumicino – Acilia, Infernetto, Casal Palocco, Ostia Antica) e l’Aniene (zona industriale della Tiburtina e di tutta l’area di via di Pietralata)», avverte l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra). Che, per quanto riguarda il rischio-frane, ha «studiato 26 siti prioritari nel territorio di Roma Capitale. Sono particolarmente a rischio per fenomeni più recenti le zone di collina di Monte Mario, viale Tiziano, Monteverde vecchio e Balduina». Ma la Città eterna continua a svettare nelle classifiche del consumo del suolo. «Nell’ultimo anno è stato di oltre 105 ettari, pari a 150 campi di calcio».

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